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La rocca di Verrua, sulla quale rimane
una parte delle antiche fortificazioni, � citata per la prima volta
nel diploma d�infeudazione dell�Imperatore Ottone III� del 7 maggio
999 al Vescovo di Vercelli, confermato successivamente il 7 aprile
1027 da Corrado il Salico. Nel secolo XI abbiamo ancora un documento
di conferma al vescovado vercellese di Enrico III� del 17 novembre
1054 ed infine un privilegio del 4 luglio 1083 concesso da Enrico IV�,
durante le lotte per le investiture.
Nel 1152 il "castrum"
si trova inserito nel diploma di Federico Barbarossa, col quale
riconferma alla chiesa vercellese tutti i beni territoriali concessi
dai suoi predecessori. Le fortificazioni ed il borgo verranno
distrutti dallo stesso Barbarossa nel 1167, allorch� il governatore
del castello si rifiut� di aprire le porte all�imperatore,
proveniente da Roma, dove aveva insediato l�antipapa Pasquale III.
L�importante posizione strategica del castello, attorno al quale
digradava il borgo entro il ricetto, denominato "in casto plano",
indusse i marchesi di Monferrato ed i Conti di Savoia ad una lunga
contesa per assoggettare ai loro domini tale baluardo che
controllava la pianura sottostante e le vie di comunicazione per
Torino Vercelli ed Asti.
La concessione del
1315 del vicino borgo di
CRESCENTINO a Riccardo Tizzoni, capo della
fazione imperiale di Vercelli, costrinse il vescovado, tra il 1319
ed il 1328, a rifortificare il castello, impiegando un� ingente somma
di denaro. Durante le lotte che caratterizzarono la seconda met� del
secolo XIV� il castello assunse un importante ruolo difensivo della
giurisdizione episcopale fino alla sua caduta definitiva nelle mani
dei Savoia nel 1379. L�occasione fu offerta dalle intemperanze del
Vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi, il quale fu fatto prigioniero
dai biellesi e, poco dopo, consegnato per la custodia al capitano
Ibleto di Challant, signore di Montjovet. In quello stesso periodo
la comunit� di Verrua, assediata dal Marchese di Monferrato, strinse
una lega col Conte Amedeo VI, cosicch� l�assedio fu tolto e Verrua
rimase sotto i Savoia. Nel giugno 1387, durante la sollevazione dei
Tuchini del Canavese, il Marchese Teodoro II Paleologo di Monferrato
tent� nuovamente di occupare Verrua per aprirsi la via nella
pianura, oltre il Po, dove aveva gi� alcuni borghi sottoposti alla
sua giurisdizione. Per la prima volta abbiamo notizia di "bombardes"
che sparavano pietre e ciottoli contro il castello. Dopo due mesi di
accanita resistenza, giunse il Conte di Savoia con le sue truppe,
costringendo il Marchese a togliere l�assedio. Fu durante questo
fatto d� armi che nacque il motto:
"Quand che �l ver pijrr�
cost�ua, �l marcheis dal Monfr� �l pijrr� Vrua" - (quando il porco prender� l�uva, il
Marchese di Monferrato prender� Verrua), prendendo spunto dal
sigillo araldico del 1378, raffigurante un porco che cerca di
azzannare un grappolo d�uva. Questo ironico motto verr� poi
modificato ed utilizzato successivamente durante l�assedio degli
spagnoli (1625) e dei francesi (1704). |
Nel 1500, il castello venne infeudato
a Renato, il grande Bastardo di Savoia, figlio illegittimo di
Filippo II�, detto "il senza terra". Nello stesso anno, Renato spos�
Anna di tenda, unica figlia del Conte Giovanni Lascaris, dalla quale
ebbe due figli: Claudio e Onorato. Costoro, insieme alla madre, nel
1534 vendettero il castello ai fratelli Gherardo e Stefano Scaglia
di Biella. Il borgo fu eretto in contado nel 1561 e, da quell�
epoca, fu tenuto fino al 1781 dagli Scaglia, quali feudatari
sabaudi. L�importanza del forte non sfugg� a Emanuele Filiberto che
restaur� il castello, aggiungendo ulteriori fortificazioni. Le opere
difensive furono proseguite dal figlio Carlo Emanuele I verso il
1590 e ancora nel 1617.
Il primo grande
assedio sostenuto dal forte di Verrua fu quello del 1625, quando il
Duca di Savoia si alle� con la Francia contro la Spagna e l�Austria.
Fu proprio sul principio del mese di agosto di quell�anno che il
Duca di Feria, governatore spagnolo di Milano, dopo il vano
tentativo di occupare Asti, marci� su Verrua, sicuro di conquistarla
in tre giorni, come lui stesso scrisse nelle sue relazioni
epistolari con la corte spagnola. L�esercito imperiale giunse
davanti alla rocca forte di 25.000 fanti, 5.000 cavalli e 20
cannoni. Carlo Emanuele I ebbe appena il tempo di introdurre nella
fortezza un reggimento di 1.200 fanti, comandato dal Conte di Saint
Reran
Per tre mesi
l�esercito imperiale tent� invano di impadronirsi del castello,
sferrando quotidianamente bombardamenti d�artiglieria. Il presidio
resistette fino allo stremo delle forze, continuamente incitato dal
Duca d dal Figlio Vittorio Amedeo che si erano accampati col grosso
delle truppe alle falde della rocca, sulla riva sinistra del Po, per
sostenere e rifornire gli assediati, mediante un ponte di barche. Il
17 novembre l�esercito spagnolo, stanco e disfatto, fingendo un
ultimo disperato attacco, si diede precipitosamente alla fuga, dopo
aver perso in tre mesi oltre 10.000 uomini. Dalle minute del Duca di
Savoia al suo Ambasciatore di Parigi, le perdite sabaudo � francesi
risultano di circa 8.000 uomini. Nella stampa settecentesca della
rocca, inserita nel "Theatrum Sabaudiae", il Duca far� aggiungere
sul cartiglio: " Esigua et celeberrima".Il secondo grande assedio
avvenne nel 1704, durante la guerra contro i Francesi. Luigi XIV,
com�� noto, aveva incaricato il generale duca di Vendome di
riconquistare il Piemonte. Vittorio Amedeo II si alle� questa volta
con la Spagna e con l�Impero Asburgico contro la Francia. Le terre
piemontesi divennero teatro di battaglia. Le citt� pi� importanti,
tra cui Susa, Aosta, Biella, Ivrea e Vercelli erano gi� cadute in
mano al nemico. Rimaneva soltanto pi� Torino. Ma prima di marciare
su di essa, il Vendome decise di togliere di mezzo Verrua. Il 14
ottobre 1704 l�esercito francese composto da 46 battaglioni, 47
squadroni, 48 cannoni e 13 mortai, strinse d�assedio la fortezza. Il
castello era difeso solo da 5.000 uomini, comandati dal conte de la
Roche d�Allery. L�attacco fu violentissimo. L�artiglieria tuonava da
tutte le parti. La rocca per�, dopo quattro mesi resisteva ancora.
Il 14 marzo 1709 il Vendome invi� i suoi rappresentanti nel castello
per chiederne la resa, rifiutata per� dal nuovo Comandante,
Colonnello de Fresen, succeduto al d�Allery ferito
La sera dell� 8
aprile i 1.241 superstiti, senza pi� n� acqua, n� viveri, nonostante
le minacce del Vendome, fecero saltare le tre punte dei bastioni,
asserragliandosi nel�interno del mastio. Vittorio Amedeo II, non
potendo pi� soccorrere gli assediati, il 6 aprile diede ordine al
governatore del forte di trattare coi Francesi. La guarnigione, dopo
avere ottenuto la promessa dell�onore delle armi, si arrese. Ma
ormai lo scopo era raggiunto. Le citt� cadute insorsero e, con
l�azione di Pietro Micca, nonch� l�intervento del principe Eugenio
di Savoia, il Piemonte venne liberato dai francesi. L�assedio di
Verrua, non solo aveva logorato le forze francesi, ma aveva
ritardato l�attacco decisivo su Torino, salvando il Piemonte. Nei
sei mesi d�assedio caddero sotto la rocca, secondo le stime del
Solaro della Margarita, 12.000 soldati, 6 generali, 547 ufficiali e
30 ingegneri di guerra.
L�imponente complesso fortificativo
che raggiungeva il borgo di Carbignano, come viene raffigurato nelle
stampe settecentesche, venne demolito nel 1707. Il castello, nel
periodo napoleonico e risorgimentale, rimase come presidio dei
soldati invalidi. La propriet� pass� dai Conti Provana del Sabbione
ai Marchesi d�Invrea. Questi ultimi, lo vendettero nel 1957 a
privati per l�estrazione della calce. Purtroppo, lo stato di
abbandono del forte, il crollo del picco, (1957) e le sistematiche
perforazioni della collina adiacente, hanno cancellato buona parte
del sito fortificativo su cui sorgeva la "Torrazza" e lo stesso
borgo, alterandone il paesaggio. La stessa "pozza", fatta costruire
da Madama Reale nell�interno del forte, avente un diametro di circa
tre metri e profonda oltre cento, � stata coperta da detriti.
La mole di ci� che rimane di questa
difesa, la vastit� della fascia che sviluppavano, la stessa capacit�
dei camminamenti sotterranei, nonch� quelli di mina e contro mina,
impongono un intervento che impedisca un ulteriore ed indiscriminato
saccheggio della zona, che snaturerebbe del tutto l�ambiente delle
difese ed il campo di battaglia verso il borgo di Carbignano. Il
complesso, fra i pi� significativi e, storicamente, fra i pi�
importanti del Piemonte, meriterebbe veramente di una maggiore
attenzione da parte di tutti. |
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