IN AUTO: Autostrada Torino Milano; uscita Cigliano quindi si prosegue per Crescentino e dopo il ponte sul Po si svolta a sinistra in direzione Verrua Savoia. Giunti all'incrocio si svolta ancora sulla destra per raggiungere le numerose frazioni che costituiscono il Comune Da Chivasso si svolta verso sinistra sulla S.S. 590 per Casale. All'incrocio di San Sebastiano Po con la S.S 458 per Asti si prosegue fino a Cavagnolo dove, all'incrocio principale si svolta a sinistra ritrovandosi automaticamente sul corso principale di Brusasco. Procedendo dritti si giunge in localit� Rocca di Verrua da cui partono le diramazioni per il raggiungimento delle frazioni.
Patrono: San Giovanni Battista
LA CHIESA PARROCCHIALE DI SAN GIOVANNI BATTISTA: La chiesa parrocchiale del castello dedicata a San Giovanni Battista, gravemente danneggiata in seguito all�assedio del 1625, pur essendo stata restaurata, venne demolita dopo il 1690 su ordine di Vittorio Amedeo II, che ne fece per� riedificare un�altra, a cui furono imposte le insegne sabaude. Dopo la presa del forte da parte dei francesi nel 1705, essa fu distrutta con le mine dal governatore Bouffier e quindi la comunit� di Verrua utilizz� nel frattempo quella di Sancti Ianuarii de Mairolio, la quale, risulta unita alla pieve di Verrua e nelle visite pastorali del 1573 e 1606 venne definita antica parrocchiale del luogo di Verrua . A causa delle occupazioni franco-spagnole a cui il castello fu soggetto durante la prima met� del Cinquecento, la chiesa parrocchiale venne distrutta. Risulta coincidente con l�attuale cimitero del borgo Valentino, dove fino a qualche decina di anni fa esisteva, la cappella dedicata a San Genuario. La riedificazione della chiesa di San Giovanni Battista, ebbe inizio solo dopo 52 anni. SAN SEBASTIANO DI RIOGLIO La chiesa sorgeva nella sommit� della frazione Rivalta, nella localit� detta Rioglio, di cui attualmente sono ancora visibili alcuni ruderi del campanile. Essa serviva la comunit� circostante e quella di Sulpiano, il cui borgo si svilupp� nella seconda met� del secolo XVIII. I segni dell�assedio del 1704 e delle compagnie francesi del 1745 dovettero lasciare tracce profonde nelle borgate, in quanto nella seconda met� del Settecento la chiesa versava in gravi condizioni. In frazione Case Bazzoli, era stata costruita una cappella, tutt�ora esistente, dedicata alla Madonna di Pompei. SAN SEBASTIANO SULPIANO La costruzione della chiesa di San Sebastiano venne progettata tra il 1760 ed il 1763, quando il parroco Carlo Seppegno di Rivalta Torinese propose di mettere in esecuzione il trasferimento della parrocchia di Rioglio, oramai cadente, nella borgata di Sulpiano. I lavori subirono lunghe soste per la mancanza di fondi e solo nel 1817 la chiesa fu consacrata ed aperta al culto. La facciata, realizzata a doppio ordine architettonico e conclusa da un timpano, � suddivisa da quattro lesene. Il portale risulta sormontato da una lunetta ad arco ribassato.L�interno � costituito da un�unica navata con quattro cappelle laterali. Entrando, il primo altare a destra � denominato di Santa Caterina, dal nome della pala di scuola moncalvesca che lo sormonta. In essa � raffigurata la Santa vestita con un abito rinascimentale, inginocchiata ai piedi della Beata Vergine con il Bambino. La seconda cappella a destra � dedicata alla Madonna della Santa Cintura, la cui statua settecentesca proviene dall�antica chiesa di Rioglio. Nella prima cappella a sinistra, dedicata a San Giuseppe, si trova il dipinto raffigurante il Santo, eseguito dal pittore Giuseppe Galimberti (1755 � 1831), mentre nella seconda, realizzata in onore a San Sebastiano (la cui statua fu donata nel 1910 dalla famiglia Barbero), si pu� ammirare un pregevole paliotto datato 1760, in marmo policromo, nero con intarsi colorati ed al centro il martirio del Santo. SAN GIACOMO DI CERVOTTO La chiesa di San Giacomo Apostolo di Cervotto, gi� sotto il titolo di San Cristoforo, unita alla cura di Collegna, venne eletta parrocchia autonoma con decreto del vescovo di Vercelli del 9 giugno 1766. Accanto alla chiesa era situato il cimitero, gi� benedetto nel 1757 dal cappellano pro-tempore Ferreri. Nella collina posta davanti all�attuale cimitero si trova l�antico oratorio di San Giacomo, una costruzione semplice e di modeste proporzioni, non lontana da un�altra chiesa scomparsa dedicata a San Bernardo. SAN PIETRO DI COLLEGNA La chiesa di San Pietro sorge su un�amena altura denominata Collegna, accanto ad un gruppo di case disposte lungo il crinale della collina. Ad essa era unita la chiesa di SAN Giacomo di Cervotto fino al 1766. La struttura dell�edificio, risalente alla fine del secolo XVII,� rappresentata da un�unica navata culminante col presbiterio ed un piccolo coro dietro l�altare. Alla facciata � addossato un porticato che funge da ambulacro. IL CIMITERO Il primitivo cimitero della parrocchiale, dopo l�abbandono di quello adiacente alla chiesa campestre di San Genuario, custodito da un romito, era situato nell�attuale giardino della casa parrocchiale. Esso venne benedetto il 2 settembre 1760 e fu utilizzato fino alla sua soppressione, avvenuta in seguito alle leggi napoleoniche, indi si ripristin� il sito cimiteriale di San Genuario, che attualmente serve a tutta la comunit� del Valentino e dei borghi vicini. |
La rocca di Verrua, sulla quale rimane una parte delle antiche fortificazioni, � citata per la prima volta nel diploma d�infeudazione dell�Imperatore Ottone III� del 7 maggio 999 al Vescovo di Vercelli, confermato successivamente il 7 aprile 1027 da Corrado il Salico. Nel secolo XI abbiamo ancora un documento di conferma al vescovado vercellese di Enrico III� del 17 novembre 1054 ed infine un privilegio del 4 luglio 1083 concesso da Enrico IV�, durante le lotte per le investiture.
Nel 1152 il "castrum" si trova inserito nel diploma di Federico Barbarossa, col quale riconferma alla chiesa vercellese tutti i beni territoriali concessi dai suoi predecessori. Le fortificazioni ed il borgo verranno distrutti dallo stesso Barbarossa nel 1167, allorch� il governatore del castello si rifiut� di aprire le porte all�imperatore, proveniente da Roma, dove aveva insediato l�antipapa Pasquale III. L�importante posizione strategica del castello, attorno al quale digradava il borgo entro il ricetto, denominato "in casto plano", indusse i marchesi di Monferrato ed i Conti di Savoia ad una lunga contesa per assoggettare ai loro domini tale baluardo che controllava la pianura sottostante e le vie di comunicazione per Torino Vercelli ed Asti... La concessione del 1315 del vicino borgo di CRESCENTINO a Riccardo Tizzoni, capo della fazione imperiale di Vercelli, costrinse il vescovado, tra il 1319 ed il 1328, a rifortificare il castello, impiegando un� ingente somma di denaro. Durante le lotte che caratterizzarono la seconda met� del secolo XIV� il castello assunse un importante ruolo difensivo della giurisdizione episcopale fino alla sua caduta definitiva nelle mani dei Savoia nel 1379. L�occasione fu offerta dalle intemperanze del Vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi, il quale fu fatto prigioniero dai biellesi e, poco dopo, consegnato per la custodia al capitano Ibleto di Challant, signore di Montjovet. In quello stesso periodo la comunit� di Verrua, assediata dal Marchese di Monferrato, strinse una lega col Conte Amedeo VI, cosicch� l�assedio fu tolto e Verrua rimase sotto i Savoia. Nel giugno 1387, durante la sollevazione dei Tuchini del Canavese, il Marchese Teodoro II Paleologo di Monferrato tent� nuovamente di occupare Verrua per aprirsi la via nella pianura, oltre il Po, dove aveva gi� alcuni borghi sottoposti alla sua giurisdizione. Per la prima volta abbiamo notizia di "bombardes" che sparavano pietre e ciottoli contro il castello. Dopo due mesi di accanita resistenza, giunse il Conte di Savoia con le sue truppe, costringendo il Marchese a togliere l�assedio. Fu durante questo fatto d� armi che nacque il motto: "Quand che �l ver pijrr� cost�ua, �l marcheis dal Monfr� �l pijrr� Vrua" - (quando il porco prender� l�uva, il Marchese di Monferrato prender� Verrua), prendendo spunto dal sigillo araldico del 1378, raffigurante un porco che cerca di azzannare un grappolo d�uva. Questo ironico motto verr� poi modificato ed utilizzato successivamente durante l�assedio degli spagnoli (1625) e dei francesi (1704). Nel 1500, il castello venne infeudato a Renato, il grande Bastardo di Savoia, figlio illegittimo di Filippo II�, detto "il senza terra". Nello stesso anno, Renato spos� Anna di tenda, unica figlia del Conte Giovanni Lascaris, dalla quale ebbe due figli: Claudio e Onorato. Costoro, insieme alla madre, nel 1534 vendettero il castello ai fratelli Gherardo e Stefano Scaglia di Biella. Il borgo fu eretto in contado nel 1561 e, da quell� epoca, fu tenuto fino al 1781 dagli Scaglia, quali feudatari sabaudi. L�importanza del forte non sfugg� a Emanuele Filiberto che restaur� il castello, aggiungendo ulteriori fortificazioni. Le opere difensive furono proseguite dal figlio Carlo Emanuele I verso il 1590 e ancora nel 1617.Il primo grande assedio sostenuto dal forte di Verrua fu quello del 1625, quando il Duca di Savoia si alle� con la Francia contro la Spagna e l�Austria. Fu proprio sul principio del mese di agosto di quell�anno che il Duca di Feria, governatore spagnolo di Milano, dopo il vano tentativo di occupare Asti, marci� su Verrua, sicuro di conquistarla in tre giorni, come lui stesso scrisse nelle sue relazioni epistolari con la corte spagnola. L�esercito imperiale giunse davanti alla rocca forte di 25.000 fanti, 5.000 cavalli e 20 cannoni. Carlo Emanuele I ebbe appena il tempo di introdurre nella fortezza un reggimento di 1.200 fanti, comandato dal Conte di Saint Reran. Per tre mesi l�esercito imperiale tent� invano di impadronirsi del castello, sferrando quotidianamente bombardamenti d�artiglieria. Il presidio resistette fino allo stremo delle forze, continuamente incitato dal Duca dal Figlio Vittorio Amedeo che si erano accampati col grosso delle truppe alle falde della rocca, sulla riva sinistra del Po, per sostenere e rifornire gli assediati, mediante un ponte di barche. Il 17 novembre l�esercito spagnolo, stanco e disfatto, fingendo un ultimo disperato attacco, si diede precipitosamente alla fuga, dopo aver perso in tre mesi oltre 10.000 uomini. Dalle minute del Duca di Savoia al suo Ambasciatore di Parigi, le perdite sabaudo � francesi risultano di circa 8.000 uomini. Nella stampa settecentesca della rocca, inserita nel "Theatrum Sabaudiae", il Duca far� aggiungere sul cartiglio: " Esigua et celeberrima".Il secondo grande assedio avvenne nel 1704, durante la guerra contro i Francesi. Luigi XIV, com�� noto, aveva incaricato il generale duca di Vendome di riconquistare il Piemonte. Vittorio Amedeo II si alle� questa volta con la Spagna e con l�Impero Asburgico contro la Francia. Le terre piemontesi divennero teatro di battaglia. Le citt� pi� importanti, tra cui Susa, Aosta, Biella, Ivrea e Vercelli erano gi� cadute in mano al nemico. Rimaneva soltanto pi� Torino. Ma prima di marciare su di essa, il Vendome decise di togliere di mezzo Verrua. Il 14 ottobre 1704 l�esercito francese composto da 46 battaglioni, 47 squadroni, 48 cannoni e 13 mortai, strinse d�assedio la fortezza. Il castello era difeso solo da 5.000 uomini, comandati dal conte de la Roche d�Allery. L�attacco fu violentissimo. L�artiglieria tuonava da tutte le parti. La rocca per�, dopo quattro mesi resisteva ancora. Il 14 marzo 1709 il Vendome invi� i suoi rappresentanti nel castello per chiederne la resa, rifiutata per� dal nuovo Comandante, Colonnello de Fresen, succeduto al d�Allery ferito. La sera dell� 8 aprile i 1.241 superstiti, senza pi� n� acqua, n� viveri, nonostante le minacce del Vendome, fecero saltare le tre punte dei bastioni, asserragliandosi nel�interno del mastio. Vittorio Amedeo II, non potendo pi� soccorrere gli assediati, il 6 aprile diede ordine al governatore del forte di trattare coi Francesi. La guarnigione, dopo avere ottenuto la promessa dell�onore delle armi, si arrese. Ma ormai lo scopo era raggiunto. Le citt� cadute insorsero e, con l�azione di Pietro Micca, nonch� l�intervento del principe Eugenio di Savoia, il Piemonte venne liberato dai francesi. L�assedio di Verrua, non solo aveva logorato le forze francesi, ma aveva ritardato l�attacco decisivo su Torino, salvando il Piemonte. Nei sei mesi d�assedio caddero sotto la rocca, secondo le stime del Solaro della Margarita, 12.000 soldati, 6 generali, 547 ufficiali e 30 ingegneri di guerra. L�imponente complesso fortificativo che raggiungeva il borgo di Carbignano, come viene raffigurato nelle stampe settecentesche, venne demolito nel 1707. Il castello, nel periodo napoleonico e risorgimentale, rimase come presidio dei soldati invalidi. La propriet� pass� dai Conti Provana del Sabbione ai Marchesi d�Invrea. Questi ultimi, lo vendettero nel 1957 a privati per l�estrazione della calce. Purtroppo, lo stato di abbandono del forte, il crollo del picco, (1957) e le sistematiche perforazioni della collina adiacente, hanno cancellato buona parte del sito fortificativo su cui sorgeva la "Torrazza" e lo stesso borgo, alterandone il paesaggio. La stessa "pozza", fatta costruire da Madama Reale nell�interno del forte, avente un diametro di circa tre metri e profonda oltre cento, � stata coperta da detriti. La mole di ci� che rimane di questa difesa, la vastit� della fascia che sviluppavano, la stessa capacit� dei camminamenti sotterranei, nonch� quelli di mina e contro mina, impongono un intervento che impedisca un ulteriore ed indiscriminato saccheggio della zona, che snaturerebbe del tutto l�ambiente delle difese ed il campo di battaglia verso il borgo di Carbignano. Il complesso, fra i pi� significativi e, storicamente, fra i pi� importanti del Piemonte, meriterebbe veramente di una maggiore attenzione da parte di tutti.
LA ROCCA OGGI: CAMMINANDO TRA I RUDERI ... "Arrivando a piedi dalla stradina che conduce alla fortezza, oltrepassata sulla propria destra la cava di cemento, si giunge ad un bivio: a destra si dirama il viale che segue quella che era la vecchia via principale di ingresso al forte, raggiungendo il ponte levatoio, oggi non pi� esistente, mentre, proseguendo diritto, la strada sale, svoltando a destra, costeggiando il Dongione fino a raggiungere l�attuale ingresso principale. Superato ci� che resta del portone, immediatamente sulla destra, si trova l�abitazione del custode, costruita sul piazzale. Proseguendo oltre, sulla sinistra si erge il muraglione che sostiene la scala che porta al Dongione e, subito dopo, l�abitazione del Marchese. Dalla prima porta, situata ala piano terreno, � possibile scorgere le cantine, si prosegue verso destra, si raggiunge il passaggio che portava ala ponte levatoio. Sulla destra di tale passaggio si scorgono le cisterne di raccolta per l�acqua irrigua mentre, proseguendo sulla sinistra, si imbocca l�ingresso alla porta di soccorso detta �Calcina�, ora murata: il passaggio � ancora agibile e, con estrema cautela e muniti di torce, � possibile giungere a dei locali presumibilmente un tempo adibiti a prigioni. Tornando indietro sul piazzale e salendo dalla scala, si arriva al piazzale del Dongione. Da tale piazzale si pu� vedere ci� che resta all�interno dell�abitazione del Marchese, inoltre si pu� osservare lo splendido paesaggio, dal Monviso alle colline del Po e del Monferrato, con il grande fiume che fa da conduttore paesaggistico e storico nelle vicende di questa fortezza. Ridiscendendo dalla fortezza e prendendo il viale, precedentemente citato, di aceri platanoidi, si giunge al primo bastione, inglobando la prima rampa di accesso al vecchio ingresso raggiungibile ai tempi con il onte levatoio. Tale ingreso si trova sulla parte frontale del secondo bastione, superato il quale si pu� vedere, sul retro, la sagoma della porta di soccorso detta �Calcina�. Proseguendo ancora lo stretto sentiero che costeggia la base dei muraglioni della fortezza, si giunge nella zona della frana del 1957, che trascin� via con s� la rocca ed il piazzale antistante, che sorgeva sulla parete scoscesa della collina prospiciente la confluenza tra il Po e la Dora. Dall�alto � ancora raggiungibile il ponte del soccorso, per fare questo � necessario costeggiare la cava, lasciando la stessa sulla destra, passando su quello che era il vecchio sentiero posto ad un livello inferiore a quello del viale. Nella zona della fortezza e della circostante collina erano presenti numerose gallerie e cunicoli vari: la maggior parte sono stati portati via dalla cava, ma l�ingresso di un paio di essi � ancora conosciuto dalla gente del luogo. Nella zona della cava, infine, sono possibili ritrovamenti di fossili relativi a flora e fauna marina".
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I FAGIOLINI LE FRAGOLE
LA RICETTA ...
RISOTTO CON LE FRAGOLE Ingredienti per 4 persone: Riso superfino Carnaroli : 350 gr. Fragoline di bosco: 250 gr. Porri con la parte bianca: 2 Vino bianco secco: 1 bicchiere Burro: 30 gr. - Brodo di pollo: 1 lL. Sale: q.b. - Pepe bianco: q.b Panna fresca: 1 dl. - Menta, foglioline: 12 Parmigiano grattugiato: 50 gr Difficolt�: Media - Tempo: 30 m Lavate velocemente le fragole ( potete utilizzare anche i fragoloni di cottura: in questo caso tagliateli in 4 spicchi ). Tritate finemente i porri e fateli imbiondire nel burro.Incorporatevi
quindi le fragole e mescolate ad ogni aggiunta di brodo ( tenendo
costantemente il bollore ). A tre quarti di cottura legate con panna e parmigiano. Aggiungete quindi il riso, tostate ed insaporite, mescolando un p�, poi irrorate con il vino. Mescolate, attendendo che l'alcool evapori. Sposiamoci un vino bianco come il " Chardonnay ". |