Le 14 abitudini più dannose per il cuore…
Dalle
salsicce alla noia, dal troppo sale alla troppa palestra, tutto quello che
bisogna evitare se vuoi girare al largo da problemi cardiovascolari. Le
malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia,
secondo i dati del Ministero della Salute. L’unica arma per invertire la
tendenza è la prevenzione, che ha già fatto molto (contribuendo per metà a
una notevole diminuzione della mortalità negli ultimi 20 anni), ma può
fare anche meglio. Vediamo 14 piccole grandi abitudini deleterie per la
salute del cuore, da correggere per stare subito meglio e vivere a
lungo. 1) Arrabbiarsi -
Gli aggressivi e gli
irascibili sottopongono le arterie a sforzi eccessivi. Con il risultato di
esporsi di più a seri problemi cardiovascolari. Lo dimostra uno studio
condotto da alcuni scienziati italiani pubblicato sulla rivista
scientifica "Hypertension": aggressività, competitività e tendenza a
scontrarsi con il prossimo sono atteggiamenti risultati legati a
considerevole ispessimento delle arterie carotidi, fattore di rischio di
infarto e ictus. 2) Mangiare troppe
salsicce - La salsiccia aumenta del 42% la probabilità di incorrere
in malattie cardiache e circolatorie: a sostenerlo è uno studio
dell´Università di Harvard, pubblicato sulla rivista scientifica
"Circulation", che ha esaminato diverse ricerche raccogliendo i dati per
un totale di oltre un milione di persone. 3) Annoiarsi -
Secondo i ricercatori
britannici dell´University College di Londra, che hanno seguito oltre
settemila persone per 25 anni, le persone che dicono di annoiarsi nella
vita hanno un rischio doppio di morire d´infarto rispetto a chi ha un
esistenza piena. La noia spinge a stili di vita poco sani: si fuma e si
beve di più, accorciando la speranza di vita. Se poi la noia riguarda il
luogo di lavoro, il consiglio è di trovare occupazioni stimolanti almeno
nel tempo libero. 4) Dormire meno di
5 ore per notte - Gli studiosi del Dipartimento di medicina di
comunità della West Virginia School of Medicine di Morgantown, negli Stati
Uniti, hanno scoperto che dormire troppo (9 ore o più) o troppo poco (5
ore o meno) moltiplica il pericolo di malattie cardiovascolari. In
particolare, chi di norma non supera le 5 ore di riposo notturno rischia
il cuore due volte più di chi totalizza 7 ore sul materasso. E il pericolo
aumenta nel caso di donne e anziani. 5) Guardare troppo la tv - Restarsene per
ore seduti davanti al piccolo schermo aumenta i rischi di avere un ictus o
un infarto, anche se si fa attività fisica regolare: quando il fisico è
inattivo, infatti, tende ad accumulare colesterolo e zuccheri nel sangue.
6) Essere pessimisti - Le
persone ottimiste hanno una minore probabilità di sviluppare problemi
cardiaci di quelle che tendono a non essere felici. Lo afferma uno studio
Usa pubblicato dall´European Hearth Journal. "Chi non ha nessun
atteggiamento positivo", ha spiegato Karina Davidson, che ha coordinato lo
studio, "ha il 22% di probabilità in più di ammalarsi rispetto a chi ha
poco ottimismo, che a sua volta ha il 22% in più di probabilità di chi ha
un ottimismo moderato. 7) Russare
- Apnee notturne, russamento, disturbi respiratori durante il sonno
aumentano il rischio di ictus di 3,8 volte, di 2,5 volte quello di
ipertensione arteriosa, di 2 quello di diabete. Chi russa tende insomma a
sviluppare ipertensione arteriosa, diabete, deficit neuro cognitivi e può
incorrere in complicanze cardiovascolari come angina, infarto del
miocardio o ictus. 8) Non usare il
filo interdentale - Usare poco il filo interdentale (o non usarlo
affatto) facilita la formazione della placca dentaria, che può provocare
infiammazioni come gengiviti o parodontiti. E ogni infiammazione incide
negativamente sulla salute dei vasi sanguigni… 9)
Esagerare con lo sport
- L’errore più
tipico è di gettarsi a capofitto nello sport, sottoporsi a sessioni
snervanti di palestra o interminabili sfide a tennis, una volta la
settimana o poco più. Di solito ci si comporta così dopo i 40 anni, come
se si volesse dimostrare a se stessi, prima ancora che agli altri, che si
è ancora giovani e prestanti. E invece non c´è niente di più sbagliato,
perché ci si infortuna più facilmente e il cuore ne risente. Molto meglio
sia contro il rischio infortuni, sia per la salute del nostro
apparato cardiovascolare allenarsi in modo lento e costante. 10) Eccedere con l’alcol
-
Un bicchiere di vino rosso è uno dei fondamenti della dieta mediterranea.
Se però l’alcol diventa un’abitudine e le quantità aumentano, il discorso
cambia profondamente: esagerare con alcolici e superalcolici alza i rischi
di ipertensione, colesterolo, insufficienza cardiaca. Senza contare che
l’alcol fa incamerare molte calorie, che incidono sul sovrappeso (altra
minaccia per la salute del cuore). Se proprio vi piace bere, limitatevi
alle quantità giuste. 11)
Ingrassare - Il sovrappeso e l’obesità sono tra i maggiori fattori
di rischio per il cuore. Parola d’ordine, dunque: fare spesso il check-up
del peso , tagliare le porzioni, correggere l’alimentazione quotidiana
(rendendola più varia ed equilibrata), sostituire le bevande zuccherate
con acqua o succhi o spremute di frutta. 12) Mangiare troppa carne rossa - La carne
rossa è ricca di grassi saturi, che fanno aumentare il rischio
cardiovascolare. Nessuno dice di privarsene del tutto, ma la dieta sana e
corretta di un adulto prevede la carne non più di poche volte al mese.
Evitate, insomma, bistecche e filetti un giorno sì e un giorno no durante
la settimana. 13) Fumare -
Il fumo fa molto male alla salute: è la causa principale di infarto
e di malattie coronariche in uomini e donne e si associa al 30% delle
morti causate da malattie coronariche. Aumenta il rischio di
aterosclerosi. Si stima che il 20-25% degli incidenti cardiovascolari
siano legati al consumo di sigarette. 14 )Usare troppo sale in cucina
- Troppo
sale nella dieta quotidiana mette a rischio la salute delle arterie: se la
pressione sanguigna sale, i vasi diventano rigidi e causano
l´arteriosclerosi. Il ventricolo sinistro del cuore, poi, aumenta di
volume. Risultato: il pericolo di ictus o infarto aumenta
vertiginosamente.
Tracheite virale,
batterica e allergica: differenza, sintomi e rimedi
La
tracheite è un’infiammazione della trachea, organo che funge da
collegamento tra i polmoni e l’esterno, in modo da permettere gli
scambi gassosi. Vi possono essere diverse cause di tracheite, da
quelle infettive, come la tracheite virale o batterica; a cause non
infettive, come la tracheite dovuta ad allergie. La sintomatologia
risulterà comune, ma i trattamenti saranno diversi, in base alla
causa scatenante.
Tracheite virale, batterica e allergica: la differenza -
Quando si parla di tracheite virale, si fa riferimento ad una
tracheite causata da virus, come ad esempio i rhinovirus o i virus
para influenzali, che solitamente colpiscono altri distretti,
portando a classiche manifestazioni influenzali. Queste tracheiti
possono esser dovute ad aiuti esterni, come il fumo di sigaretta o
la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), che permettono al
virus di espandersi e invadere altri distretti solitamente non
colpiti, come appunto la trachea. La trachea, infatti, viene
solitamente colpita da batteri, come ad esempio gli stafilococchi (Staphylococcus
aureus) o streptococchi (Streptococcus pneumoniae), sempre presenti
nelle vie respiratorie, ma che in situazioni di stress o debolezza
possono approfittare del calo delle difese immunitarie per prendere
il sopravvento, causando infezioni ben più frequenti di quelle
virali. Altra possibile causa di tracheite deriva dalla presenza di
fenomeni allergici. Come per ogni allergia, vi è una causa
scatenante, solitamente proveniente dall’ambiente esterno. In questo
caso, per porvi rimedio, sarà necessario agire come in ogni altra
forma di allergia: va scoperta la causa scatenante dell’allergia, e
se possibile, allontanata o evitata. Nel frattempo, l’uso di
cortisonici e/o antistaminici, può dare una grande mano ad evitare
situazioni più gravi e complicate.
Tracheite:
tutti i sintomi - Come
in quasi tutte le patologie dell’apparato respiratorio, la
sintomatologia è molto simile. Si parla infatti di mal di gola, naso
che cola, tosse persistente, difficoltà a deglutire a causa
dell’infiammazione, dolore al petto in seguito alla tosse, possibili
febbri. Sintomi più specifici, ma non esclusivi di questa patologia,
possono essere gli stridori durante il parlato e rantolii mentre si
respira. In caso di situazioni più avanzate e gravi, vi possono
essere fenomeni costrittivi, dettati dalla presenza di stati
infiammatori o allergie, che portano anche a edemi e difficoltà di
respirazione più o meno gravi. Se non trattati, i pazienti con
difficoltà respiratorie potrebbero avere conseguenze piuttosto
serie, specie se confrontate ad un semplice quadro simil-influenzale.
I rimedi
efficaci per la tracheite -
La terapia varia in base alla causa scatenante e alla intensità
della sintomatologia. Nel caso di tracheiti batteriche, sarà
necessaria una terapia antibiotica specifica per il batterio
responsabile della patologia. Non vi è possibilità di fare terapia
generica, in quanto ogni batterio presenta caratteristiche
specifiche, che lo rendono immune ad antibiotici che invece possono
risultare molto efficaci su altri batteri dello stesso distretto.
Nel caso di tracheiti virali, invece, solitamente non vengono
somministrati farmaci, se non i classici farmaci antinfiammatori non
steroidei (FANS) per alleviare i fastidi dei sintomi. Questo è
dovuto al fatto che le infezioni virali sono solitamente di breve
durata, in quanto il corpo risponde bene a questo tipo di infezioni.
Nel
caso di tracheiti allergiche, sarà necessario trattare il paziente
come per ogni altra allergia: bisogna cercare il fattore scatenante
di questi fenomeni allergici, tramite test specifici. Una volta
individuato, va allontanato dal soggetto in questione. Qualora
questo non fosse possibile, a causa di una contaminazione
ubiquitaria dell’ambiente circostante, è possibile agire tramite i
classici antistaminici e cortisonici. Nei casi più gravi, si possono
usare le macherine, al fine di evitare l’inalazione di queste
particelle. L’uso di mascherine può anche essere una soluzione
temporanea, in modo tale da ridurre l’entità della risposta
infiammatoria data dall’organismo nei confronti di questo
particolare allergene.
Pelle e sole, l’esperto
risponde...
Arriva l'estate e, puntualmente, si scatena la corsa alla
tintarella. Vere e proprie sessioni di esposizione al sole senza
crema e nelle ore più calde per poter sfoggiare un colorito
invidiabile. "Sono solo due settimane, voglio fare un pieno" è lo
slogan delle donne e degli uomini "lucertola". Ma se da un lato è
legittimo desiderare di abbronzarsi, dall'altro non ci si prende mai
sufficientemente cura della propria pelle, sottovalutando la potenza
dei raggi del sole che hanno conseguenze decisamente più pericolose
di quello che normalmente si crede. Senza fare allarmismi, abbiamo
chiesto qualche suggerimento ad Alessandra Di Benedetto, dermatologa
di Milano.
Cominciamo da
un luogo comune: per prepararsi meglio al sole è utile mangiare
carote e frutta rossa?
Di sicuro i carotenoidi danno alla pelle un filtro maggiore che è il
pigmento arancione, quindi è un'alternativa di assorbimento
dell'ultravioletto. In generale la frutta rossa, i pomodori, fanno
sì che la pelle si pigmenti leggermente di questi coloranti che
comunque
aiutano a fare da schermo. Il problema, piuttosto, è che per avere
un filtro davvero efficace all'ultravioletto bisognerebbe mangiarne
quantità industriali.
Quali sono le
creme solari migliori?
Come merceologia dipende dai componenti: se una persona è, per
esempio, allergica alle graminacee o ai pollini, è consigliabile che
utilizzi delle creme senza estratti vegetali; chi invece fosse
allergico al nichel, deve prestare attenzione che non sia presente
nel prodotto che acquista. Ma queste sono regole generali che
valgono un po' per tutti i tipi di creme. Per i foto protettori, in
particolare, il filtro è fondamentale: oltre a proteggere nei
confronti dell'ultravioletto B che è è il raggio che si percepisce a
livello di calore e di rossore, infatti bisogna difendersi
dall'ultravioletto A evitare scottature sulla base della
considerazione che il classico eritema solare è già considerare come
un'ustione anulare. che poi, di fatto, è quello che alla lunga
provoca i tumori ma che nell'immediato non avvertiamo perché non
scalda né fa diventare rossi ma è costante durante tutte le ore di
luce. Per questo i dermatologi consigliano filtri di protezione
alti, da "30" in su, per evitare scottature sulla base della
considerazione che il classico eritema solare è già considerare come
un'ustione anulare.
E chi si mette
la protezione "6" sentendosi al sicuro?
Sbaglia. È del tutto inutile: si potrebbe mettere anche la crema
idratante o addirittura niente e avrebbe lo stesso non-effetto. Le
linee farmaceutiche o dermocosmetiche che vengono prescritte dai
dermatologi non propongono mai filtri inferiori al "30" proprio
perché, soprattutto rispetto all'ultravioletto A, con protezioni
basse non si è coperti in alcun modo. Tra gli altri luoghi comuni
diffusi sulle spiagge di tutto il mondo c'è quello per cui, dopo tre
giorni di crema, ci si convince che la pelle si sia ormai abituata
al sole e quindi ci si espone senza filtri. Ci si abitua davvero?
Assolutamento no. Ed è un errore ricorrente.
Nemmeno chi si
vanta di avere la "pelle di coccodrillo" che non si scotta mai?
Può essere vero che ci sono soggetti che in acuto non presentano
eritemi, bolle, vescicole ma alla lunga sono gli stessi a cui
spuntano le lentiggini che sono il primo segno evidente di foto
danneggiamento e poi possono anche incorrere in tumori della pelle
che non sono prerogativa di chi è, per esempio, albino, ma anzi
vengono a chi si scotta di più.
Cosa sono le
lentiggini e perché aumentano in chi prende il sole?
Tecnicamente sono dei depositi di melanina stimolati dal sole, anche
eccessivo: per questo motivo sono considerate il primo sintomo di un
foto danneggiamento. In pratica quando in un certo senso la pelle va
in "over" di irraggiamento crea un'interposizione tra l'epidermide
normale e l'ultravioletto che è il deposito di melanina, cioè la
macchia scura che permette di assorbire di più l'ultravioletto
stesso. La lentiggine, quindi, è come la cicatrice di un'ustione. I
"rossi", per esempio, che hanno una melanina particolare hanno le
lentiggini che sono una sorta di schermo naturale proprio perché la
loro pelle di base non è predisposta per essere protetta nei
confronti dell'ultravioletto. Chi ha lentiggini costituzionali è più
facilmente foto vulnerabile, ma anche chi le ha in seguito alle
scottature solari deve cautelarsi sempre utilizzando la protezione
massima.
Chi ha delle cicatrici
come si deve comportare?
Intanto bisogna fare una distinzione tra quelle fresche e quelle
"antiche". Le prime, trattandosi di un tessuto neonato, rischiano di
macchiarsi: la cicatrice può pigmentarsi diventando rossa-bordeaux o
beige. Inoltre, essendo un tessuto immaturo, se vengono ustionate al
sole c'è il rischio di un riarrangiamento del dna nelle cellule che
significa, con maggiori probabilità, un tumore. Per proteggersi
esistono in commercio formulazioni cosmetiche, per esempio sotto
forma di stick, che garantiscono protezione assoluta per le
cosiddette zone sensibili. Le cicatrici chirurgiche o da trauma sono
un terreno più vulnerabile per eventuali degenerazioni nei primi sei
mesi, poi si consolidano.
Cambiamo capitolo: nei e macchie. Cosa fare?
Intanto va detto che mettersi la crema solo nei punti che si ritiene
siano più vulnerabili è una sciocchezza. In realtà, il neo è più
protetto della pelle non pigmentata: bisogna mettersi la crema in
modo uniforme. Discorso diverse per le classiche "macchie marroni":
in alcuni casi, per le donne, spariscono dopo la gravidanza, in
altre rimangono. In questi casi bisogna evitare assolutamente che il
sole vada a incidere perché è una zona che ha una capacità di
accettare l'ultravioletto molto maggiore.
E che legame c'è tra
tatuaggi e sole?
Personalmente il rischio principale che vedo è relativo ai tatuaggi
realizzati con pigmenti vegetali o l'henné che possono provocare
foto dermatiti. Altrimenti le precauzioni da prendere non sono molto
diverse da chi un tatuaggio non ce l'ha. Altri suggerimenti? A volte
non si leggono con attenzione i foglietti illustrativi dei
medicinali: alcuni di questi, infatti, come certi diuretici o alcuni
antibiotici sono foto sensibilizzanti rendendo la pelle più
vulnerabile rispetto a macchie.
Dieta, i 6 ostacoli da superare
...
Iniziare una dieta
ed avere dei risultati può essere ostacolato da alcune piccoli problemi
che sembrano proprio vanificare ogni sforzo. Scopriamo insieme quali sono
e come evitarli.
Hai
già cominciato il conto alla rovescia per l’estate che avanza e già ti
preoccupi di metterti a dieta per rimediare in tempo alle ‘follie’
dell’inverno ma sembra che niente con te riesca a funzionare. L'hai
iniziata molte volte ma spesso con esiti inferiori alle tue aspettative e
così la tua dieta finisce tristemente e la 'linea' diventa un miraggio.
In campo dietetico la volontà a volte non è sufficiente per ottenere
i risultati sperati ed è quindi importante fare un attento esame di
coscienza per capire i veri motivi dell'ennesimo insuccesso. Tramite
alcuni spunti e quesiti ti aiutiamo a comprendere quali possono essere gli
errori che compi in modo che la tua prossima dieta, meglio se preparata
con uno specialista, sia più efficace.
1 – Un ottimo inizio ma gli ultimi chili
non se ne vanno È
più facile perdere anche cinque/sei chili nei primi mesi di dieta poiché
con essi viene eliminata l'acqua contenuta nei tessuti, il grasso invece
viene rimosso in un secondo momento. Il metodo migliore per avere dei
risultati è quello di associare dell’attività fisica che aumenti il carico
di lavoro e quindi le calorie bruciate. Una sequenza di esercizi da fare
in una palestra attrezzata può essere di valido aiuto: pesi liberi,
macchine ed elastici servono a far bruciare maggiormente il grasso
concentrato nelle zone adipose. Inizia con poco peso per poi aumentare
gradatamente lo sforzo caricando con più pesi e facendo brevi sequenze
ginniche così da non affaticare troppo le articolazioni.
2 – Dimagrisco dappertutto
tranne dove ne avrei più bisogno
Spesso
il problema delle donne sono le cosce e i fianchi, zone che si trasformano
in un vero incubo. La sola dieta, infatti, non è sufficiente ad eliminare
il grasso depositato in quelle zone. L'attività fisica scelta deve far
lavorare tutte le masse muscolari e non solo le gambe e i glutei,
l'organismo è predisposto per recuperare l'energia necessaria da tutte le
parti del corpo e tu in questo modo farai meno fatica . Anche la
postura è importante, una volta corretta potrai eliminare meglio le
tossine poiché migliorerai la circolazione sanguigna. Attenzione al sale
in cucina che produce ritenzione idrica cerca di usarne poco, diminuisci i
latticini e tutti gli alimenti ricchi di grassi saturi.
3 – Dieta? Impossibile
portarla a termine Ti
sei mai chiesta se vuoi dimagrire veramente? A volte la voglia di
diventare magra ti viene trasmessa dalla televisione, dai giornali, ma tu
ti senti maggiormente a tuo agio con forme più ammorbidite, a volte invece
quelle rotondità un po' accentuate sono come una barriera, un modo per
tenere lontani gli altri. Se a monte esiste un malessere di tipo
psicologico è necessario esprimerlo allo specialista prima di iniziare un
regime dietetico ed affrontare la dieta solo quando sei tu stessa a
volerlo. Il giusto atteggiamento mentale aiuta a perdere chili molto più
delle rinunce drastiche.
4 – La mia amica dimagrisce
meglio di me
Siete
partite insieme proprio per farvi coraggio e non mollare tutto alla prima
difficoltà ma la tua amica sta ottenendo risultati che tu invece non vedi
ancora. Prima di tutto è necessario pensare da quale situazione siete
partite, in secondo luogo ognuno ha un metabolismo diverso quindi tende a
rispondere ad una dieta in modo differente. Inoltre, bisogna
considerare l'attività fisica alla quale si dedica la tua amica, una
ginnastica di tipo aerobico, per esempio, produce un dispendio di calorie
molto inferiori rispetto ai pesi che aumentano il metabolismo dei grassi
anche durante il sonno grazie all'incremento della temperatura nei
muscoli. Per ultimo osserva cosa mangia la tua amica o chiedi il suo tipo
di regime alimentare e fai attenzione agli alimenti
'fuori-pasto'.
5 –
La dieta mi mette tristezza Non
devi vivere una dieta temporanea come una punizione ma bensì come un
passaggio momentaneo per ottenere un traguardo importante. Nei momenti di
sconforto immaginati snella e felice avvolta in un abito che non hai mai
potuto permetterti, queste riflessioni aiuteranno la tua sfera emotiva a
non deprimersi. E' vero che la dieta ha bisogno di costanza ma se
saltuariamente cadrai in tentazione non fartene un senso di colpa, qualche
trasgressione è utile a ripartire con più entusiasmo. Per favorire il
metabolismo e l'umore puoi assumere tre pastiglie al giorno per almeno tre
mesi al giorno, una dopo ogni pasto, di alghe provenienti dal lago
vulcanico Klamath che sono ricche di aminoacidi e sali minerali: aiutano a
bruciare i grassi ed a mantenere alto l'umore.
6 – L’ago della bilancia non
scende Se
stai seguendo una programma ginnico ed una dieta bilanciata e dopo aver
perso 4/5 chili non riesci a diminuire di peso forse hai raggiunto la tua
quota salutare quella che è identificata con l'IMC (indice di massa
corporea). Un altro motivo potrebbe essere che il tuo fisico sta
sostituendo la massa grassa con i muscoli e che quindi non c'è una
riduzione drastica di massa ma bensì un rimpiazzo. Anche il sonno potrebbe
essere complice di questo rallentamento, durante la notte il nostro
organismo produce la leptina una sostanza che alza il senso di sazietà
durante il giorno: verifica quante ore dormi per notte.
Le 9 malattie più
misteriose della storia...
Molte pericolose malattie, un tempo sconosciute, oggi sono
facilmente diagnosticabili e curabili grazie ai progressi della
medicina. Ma, appena chiuso un fronte, nuove patologie e virus
vengono scoperti sfidando i ricercatori. Come Doctor House insegna,
diagnosticare una malattia è un lavoro sempre più simile a quello
del detective piuttosto che a quello del medico.
Il settimanale statunitense Newsweek ha redatto un elenco delle 9
malattie che nella storia hanno causato non pochi grattacapi a
medici e scienziati (oltre che centinaia di migliaia di morti) e
che, in alcuni casi, ancora oggi presentano molti lati oscuri.
Vediamole insieme:
La febbre puerperale. Tra
il XVIII e il XIX secolo questa malattia ha ucciso centinaia di
migliaia di donne dopo il parto. Queste morti apparivano come un
vero e proprio mistero, finché nel 1846 un giovane medico ungherese Ignaz
Semmelweis osservò che il padiglione delle puerpere
affidato ai medici (che al mattino effettuavano autopsie e al
pomeriggio assistevano le partorienti) contava l'11% dei decessi per
febbre puerperale mentre in quello gestito solo da ostetriche la
mortalità era pari all'1%. Introducendo la semplice regola per i
medici di lavarsi le mani prima di avvicinarsi alle partorienti,
vide crollare immediatamente la mortalità anche nel padiglione dei
medici. Tuttavia la comunità scientifica non prese in considerazione
questi risultati se non decenni dopo, a spese di migliaia di vite.
E tu, ti fideresti di un medico del '400?
La malattia di Lyme. Grave
infezione batterica trasmessa dalle zecche (se vuoi guardare in
faccia una zecca ) si è guadagnata il soprannome di "grande
imitatore" per l'ampia varietà di sintomi con cui si presenta, da
quelli di una semplice influenza a quelli propri dell'Alzheimer, che
ha depistato per anni i ricercatori. Fortunatamente oggi è
facilmente diagnosticabile e curabile.
La sclerosi multipla. I
sintomi iniziali di questa malattia (stanchezza, debolezza
muscolare) coincidono con quelli di molte malattie neurologiche e
possono comparire gradualmente o a episodi. Ciò ne rende difficile
la diagnosi. Le cause sono ancora oggetto di studio (si ipotizzano
fattori immunologici, genetici e ambientali), così come le terapie
ancora in fase sperimentale che cercano di rallentare il devastante
processo di paralisi a cui porta la malattia.
L'AIDS. Fino
alla scoperta dell'HIV negli anni '80, l'AIDS era un vero mistero.
Anche se di questa malattia se ne parla sempre meno, nel 2008 ha
colpito oltre 33 milioni di persone nel mondo (il 95% delle quali in
Paesi in via di sviluppo) e continua a diffondersi inesorabilmente.
A oggi le cure puntano a rallentare la malattia allungando la vita
dei malati, in attesa del tanto agognato vaccino allo studio ormai
da anni.
La sifilide. Malattia
venerea molto diffusa e in passato difficilmente individuabile con
certezza in quanto presenta sintomi comuni a molte altre malattie,
oggi può essere diagnosticata con alcuni semplici test di
laboratorio e può essere curata con la penicillina. Rappresenta
ancora oggi una tra le più pericolose infezioni sessualmente
trasmissibili e, se non curata, può causare gravi danni a cuore e
sistema nervoso.
Il lupus eritematoso
sistemico (lupus). Malattia
autoimmune tutt'oggi senza cura e di cui non si capisce la causa (le
teorie più accreditate propendono per i retrovirus). Solo il 50%
delle persone affette dalla malattia presenta un caratteristico
eritema a farfalla tra zigomi e naso, mentre nei restanti casi la
diagnosi è molto difficoltosa basandosi su sintomi generici
(affaticamento, dolori in diversi punti del corpo, deficit
cognitivi) e richiedendo numerosi test clinici per esclusione.
La sindrome da
stanchezza cronica. Cause,
metodologie di diagnosi e terapie sono ancora sconosciute per questa
patologia molto subdola e debilitante che in Italia potrebbe
interessare circa 300.000 persone, specialmente donne e giovani. È
come se il sistema immunitario del malato stesse combattendo contro
un'influenza perenne senza riuscire a debellarla, via via
estenuandosi. Recenti studi rivelerebbero un collegamento tra la
malattia e un tipo di retrovirus (XMRV), ma resta ancora una delle
patologie più difficili e controverse.
La fibromialgia. È
considerata una delle malattie più debilitanti ed è ancora
sconosciuta e controversa. I sintomi più evidenti sono dolori
muscolari, ipersensibilità al tatto e stanchezza. C'è chi ne
attribuisce le cause a disturbi psicologici, chi a disordini
biologici e chi ad una combinazione di entrambe. Come la sindrome da
stanchezza cronica, anche la fibromialgia rientra nella categoria
delle "sindromi clinicamente inspiegabili", ossia malattie con
sintomi certi ma sulle cui cause non c'è consenso e per le quali non
esistono cure.
La prostatite
cronica. Con
l'avanzare dell'età circa un uomo su 10 soffre di prostatite,
un'infiammazione della prostata che nel 90-95% dei casi non è
riconducibile a batteri. I sintomi (dolori pelvici, rettali, dolori
addominali, stanchezza e stimolo frequente a urinare) sono stati per
anni curati con antibiotici, in quanto erroneamente ricondotti a
infezioni batteriche. Non esistendo una cura risolutiva, oggi questa
patologia viene curata solo con terapie palliative o con
l'intervento chirurgico
Ogni anno 1000 morti improvvise tra giovani che
fanno sport…
Roma - Un arresto
cardiaco durante una partita di calcetto dopo la scuola. E' spesso il
drammatico epilogo di tragedie che vedono come protagonista la morte
improvvisa. Ogni anno sono 1.000 gli under 35 in Italia ad essere vittime
di un 'crack' letale cardiaco. Mentre nella popolazione adulta i decessi
arrivano a 50.000. "Le cause più frequenti di queste morti cardiovascolari
- afferma all'Adnkronos Salute Francesco Fedele, direttore del
Dipartimento delle malattie cardiovascolari e respiratorie dell'università
Sapienza di Roma - possono essere anomalie strutturali del cuore, per
esempio molto frequenti sono la miocardiopatia ipertrofica, la displasia
del ventricolo sinistro e le anomalie delle coronarie". L'arma a
disposizione degli esperti per prevenire questo tipo di cedimenti
improvvisi del cuore è "lo screening elettrocardiografico tra i ragazzi -
precisa Fedele - che può aiutare a scoprire anche a 10-12 anni gravi
patologie spesso non manifeste". A rivelare la necessità di questi
interventi è il lavoro contenuto nel libro 'Il cuore dei giovani' (L'asino
d'oro Edizioni), da oggi in libreria, firmato da Fedele, che attraverso un
linguaggio accessibile a tutti spiega cosa fare per evitare queste
tragedie. Un lavoro che parte dai risultati dei 10 mila esami diagnostici
effettuati tra i ragazzi delle scuole secondarie italiane, tra i 16 e 18
anni, nell'indagine promossa dalla Fondazione italiana cuore e
circolazione onlus e dal ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca
tra il 2010 e il 2012. Lo studio ha svelato che per uno studente su
cinque (21% dei casi) i medici hanno ritenuto necessario "l'ulteriore
svolgimento di approfondimenti diagnostici come: il test sotto sforzo e
l'Ecg holter. Ma solo nell'1% dei ragazzi sono state riscontrate patologie
più serie che hanno richiesto esami come la risonanza magnetica",
sottolinea l'esperto. "Il progetto 'A scuola di cuore' - osserva Fedele -
ci ha rivelato che la sola attestazione di un semplice certificato di sana
e robusta costituzione sia del tutto insufficiente nell'evidenziare
cardiopatie occulte che spesso sono pericolose anche nello svolgimento
dello sport amatoriale. Sarebbe invece opportuno - avverte lo specialista
- anche già nell'ultimo anno delle scuole medie nel primo delle superiori
sottoporre i ragazzi ad un elettrocardiogramma così da evidenziare
premature e pericolose problematiche cardiache". Il progetto prevede
inoltre anche attività di formazione agli studenti e ai docenti (243
professori e 246 studenti provenienti da 117 scuole delle regioni
Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Molise,
Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) alla rianimazione
cardio-polmonare di base e all'uso del defibrillatore
semi-automatico.
Terapia con
staminali, cura dagli effetti miracolosi o strumento ancora
imperfetto?
Nelle ultime
settimane ha commosso l'opinione pubblica la storia di Celeste, bambina di
due anni malata di atrofia muscolare spinale a cui una terapia
sperimentale a base di staminali ha dato nuove speranze. A maggio
l'Agenzia del Farmaco ha sospeso le cure e ora si attende la
decisione del
Tribunale per capire se potrà continuarle anche in futuro.
Quello di Celeste però non è un caso isolato. Questo nuovo appuntamento
con Agorà si propone di fare chiarezza sulle normative e sui risvolti
etici delle terapie a base di staminali. In collaborazione con
IlSussidiario.net
ecco le opinioni a confronto di
Marino
Andolina, il medico che ha iniziato le terapie a
Celeste e di
Giulio
Cossu, Department of Cell and Developmental
Biology, University College London, Co-presidente dell'Associazione Luca
Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e
Riccardo
Conti,
Staff Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca
scientifica.
di Marino
Andolina, medico che ha
iniziato le terapie a Celeste
Le cellule
staminali sono di natura diversa. Ci sono quelle staminali
emopoietiche che permettono i trapianti di midollo, sangue placentare e
sangue periferico nella leucemia. Ci sono le embrionali potentissime,
nemiche di Madre Chiesa, pericolose per la possibilità di produrre un
tumore, e le Ips, altrettanto pericolose ma oggetto di interessanti
ricerche. Ci sono infine le staminali adulte, ovvero mesenchimali, che noi
utilizziamo per malattie autoimmuni, rigetti di trapianti, malattie
neurodegenerative. Celeste è affetta da
SMA1 (atrofia muscolare spinale), malattia rapidamente mortale dopo
una fase ingravescente di paralisi. Quando l’ho conosciuta era incapace di muovere
un solo muscolo e aveva apparentemente poco da vivere. Una giudice
di Venezia accolse la richiesta della famiglia che voleva che io la
curassi, contro il parere dell’istituto in cui lavoravo, il Burlo Garofolo
di Trieste, ma permise solo una cura con cellule prodotte nel laboratorio
GMP (di tipo farmaceutico) di Brescia. L’effetto della cura
fu sorprendente: la bambina riprese a muovere braccia e gambe, e la
malattia non proseguì uccidendola, come avrebbe dovuto. Le cellule
mesenchimali utilizzate probabilmente bloccavano l’apoptosi, ossia la
morte programmata delle cellule nervose, ma non curavano realmente la
malattia, e l’effetto durava non più di un mese. Anche questi
effetti parziali hanno suscitato la reazione scomposta dei luminari di
riferimento di Uildm e Famiglie SMA, due associazioni che si occupano di
malati di distrofia muscolare: il pensiero va ad un famoso esperto di
riferimento cui una famiglia disperata si rivolge per sapere se esiste una
cura per il proprio figlio condannato a morte: quello risponde che non c’è
alcuna cura e che bisogna accettare il destino. Il termine tecnico è
“accompagnamento”, qualcosa di molto vicino all’eutanasia passiva. Il
bambino muore e successivamente i genitori vedono sul TG2 che un tale
dottor Andolina cura le SMA. I genitori tornano dal luminare con la
pistola in mano, e quello non può difendersi se non accusandomi di essere
un truffatore. Negli ultimi mesi la famiglia di Celeste per le cure
della bambina fa riferimento all’ospedale di Brescia dove viene attuata
una terapia con staminali manipolate secondo la metodica della Fondazione
Stamina con cui ora collaboro. Tale terapia viene attuata seguendo le
regole del decreto 5/12/2006 del ministro della Salute Livia Turco,
reiterato dal suo successore Ferruccio Fazio nel 2008. Il decreto
definisce possibile l’attuazione di una terapia con staminali se esiste un
pericolo di vita per il paziente. Il Comitato Etico dell’ospedale di
Brescia dà l’autorizzazione e quindi si espianta il midollo della madre
per produrre le cellule staminali che vengono poi iniettate a Celeste per
via lombare con una iniezione intratecale. Dopo un mese dall’intervento,
la bambina migliora. Dopo la terza iniezione il miglioramento della
funzione neuro-muscolare della bambina è netto. La terapia viene
interrotta dai NAS di Torino inviati dal magistrato Raffaele Guariniello e
dall’AIFA, l’Agenzia italiana per il farmaco. La famiglia ricorre al
tribunale di Venezia per ottenere la ripresa delle cure: una nuova
iniezione viene autorizzata e praticata a Brescia. La battaglia della
Fondazione Stamina è una battaglia per la legalità. Esiste una legge (il
Dm 2006) che permette una cura, esiste una metodica che risulta efficace,
come testimoniato da specialisti di Trieste, Brescia e Catania. Fermarci
potrebbe raffigurarsi come un crimine simile all’omicidio per dolo
eventuale, reato tanto caro al dottor Guariniello.
di Giulio Cossu e Riccardo
Conti,
l'Associazione Luca
Coscioni per la libertà di ricerca scientifica
I malati e le famiglie non hanno
bisogno di illusioni, ma di una scienza certa e una
ricerca libera. Grazie alla loro prodigiosa capacità di
moltiplicarsi, nell'ultimo decennio le cellule staminali si sono
ritagliate un ruolo di prima linea nella medicina e nell'informazione
mediatica che parla di medicina. La scienza, però, viaggia a un passo più
lento, e secondo dettami più rigorosi, della speranza. Dieci anni di studi
hanno permesso di svelare molti aspetti fondamentali delle cellule
staminali e di avviare i primi esperimenti sull'uomo, ma
nessun paziente
paralizzato si è ancora alzato. In questa differenza di passo tra
la prudenza della medicina e la fretta di pazienti senza prospettive di
cura si sono inserite le "cliniche della
speranza", istituti spesso privi dei permessi necessari per
effettuare trattamenti ad alto rischio, che a prezzi vertiginosi
promettono cure per ogni tipologia di male. In tre ambiti, in Italia, è
consentito l'uso terapeutico di
cellule staminali adulte: le leucemie, le ustioni della pelle e le
ustioni della cornea. Poi ci sono le
sperimentazioni.
La normativa italiana sulla terapia genica e cellulare somatica con
preparazioni non autorizzate all'immissione in commercio, dunque anche con
le cellule staminali, prevede un iter ben preciso, rigido e stringente per
gli IRCSS e gli ospedali pubblici. Il centro interessato deve presentare
una documentazione piuttosto articolata all'Istituto superiore di sanità e
al suo comitato etico: deve produrre documenti che
dimostrino l'efficacia del trattamento su modelli animali, la
documentazione di un istituto autorizzato dal Ministero della Salute e
diverso da quello che farà la sperimentazione che comprovi che il farmaco
o la terapia non è tossica, anche in dosi maggiori di quelle che andranno
somministrate al paziente. Bisogna inoltre presentare la
documentazione sul prodotto medicinale dell'azienda, o dell'istituto
autorizzato come officina medicinale: sono necessari determinati requisiti
su personale, locali e tracciabilità dei prodotti, che fanno lievitare i
costi della terapia, e l'investigator brochure, una sorta di bugiardino.
Se l'ISS e il comitato etico danno il loro ok, la sperimentazione parte. I
costi dovranno essere sostenuti con fondi trovati dalla struttura
sperimentatrice, ad esempio presso la Comunità europea o tramite le
associazioni dei pazienti; mai direttamente dai pazienti, altrimenti non
ci sarebbe differenza con una struttura privata. In un Paese, il
nostro, che inevitabilmente porta ad enfatizzare i risultati della ricerca
sulle cellule staminali adulte, laddove la legge 40 del 2004 ha sbarrato
un'altra strada, quella della ricerca sulle cellule staminali embrionali,
il caso di Celeste pone di fronte all'ennesimo e quanto mai tragico caso
di famiglia disperata e pronta a tutto. Ma la domanda-chiave resta: dove
sono i riscontri sulla scientificità della terapia cui Celeste è
sottoposta? Tutti lavoriamo per accrescere la speranza, ma questa deve
fondarsi sulla base di prove documentate che si accumulano. Se non ci sono
evidenze scientifiche e cliniche dimostrabili, stiamo parlando di nulla.
Altrimenti chiudiamo le facoltà di Medicina. La medicina, le procedure
sperimentali e i controlli servono proprio a cercare le prove
dell'efficacia di un trattamento, che devono essere documentate, pubbliche
e riproducibili da altri: è un dovere di chi sperimenta raccogliere i
risultati affinché questi possano essere valutati dalla comunità medica e
scientifica. Né può passare l'equazione staminali uguale cura, perché non
è così. E chi lavora nel campo ha il dovere di ammettere i limiti della
conoscenza che ogni giorno dobbiamo superare per dare più informazioni
possibili ai pazienti e ai loro familiari che vivono situazioni di
disperazione. Diffondere illusioni
fa male, prima di tutto a loro.
Come usare l’oppio per
combattere i tumori
Produrre
composti
antitumorali
sfruttando il
dna
dell'oppio. Le basi di questa idea sono spiegate su
Science,
in uno studio del
Centre for Novel
Agricultural Products dell'
Università di
York e dei laboratori australiani della farmaceutica
GlaxoSmithKline; in particolare vi sono descritti il meccanismo e i geni —
10 in tutto — grazie ai quali il fiore dell'oppio (Papaver somniferum),
solitamente coltivato per ottenere farmaci e stupefacenti, sintetizza la
noscapina,
un alcaloide già noto per le sue proprietà antitumorali. La noscapina,
isolata dal papavero dell'oppio nel 1817, è usata da almeno 50 anni per la
sua efficacia come
antitosse.
I suoi effetti su molti tipi di
cancro sono
stati invece dimostrati dal 1998, e sono legati alla capacità di bloccare
la divisione delle cellule, inducendone la morte programmata (apoptosi).
Malgrado la noscapina funzioni meglio di altre molecole tradizionalmente
usate in chemioterapia (vedi i
taxani), ad oggi
non si conosce il procedimento per sintetizzarla in modo efficiente (ed
economico) in laboratorio, per avviarne una produzione su larga scala. È
per questo che lo studio dei ricercatori di York e di Gsk potrebbe
rivelarsi molto importante. Gli scienziati, guidati da
Thilo
Winzer, sono partiti dal
papavero
dell'oppio della Tasmania, la varietà caratterizzata dai
più alti valori di noscapina, e hanno osservato che essa esprimeva un
certo numero di geni assenti nei papaveri privi della sostanza. Quindi
hanno incrociato le varietà, per comprendere come questi geni venissero
ereditati. La risposta è: tutti insieme. A quel punto, il cluster genico è
stato isolato, clonato e sequenziato. Inasp ettatamente, è
risultato essere, da solo, responsabile di tutti i processi di biosintesi
della
noscapina:
" Questa stringa
codificante - afferma Winzer -
se presente in doppia copia nel
genoma, porta la pianta a produrre alti livelli di noscapina; se invece ve
n'è un a sola copia, la quantità di principio attivo prodotta è
inferiore"."
Con questa sola scoperta siamo
ora in grado di realizzare uno schema della via metabolica della molecola.
Di solito servono anni di ricerche", ha aggiunto Ian Graham,
direttore del centro dell'ateneo inglese, ammettendo la fortuna sfacciata
di questo studio. Su queste preziose informazioni, che serviranno per
avviare una produzione più efficiente della pianta e della
noscapina,
potrà contare un domani la
lotta
ai
tumori.
Salute: al via la "Settimana del cervello", allenarlo per
non farlo ammalare...
Milano
- "Allenare la
mente oggi per proteggere il cervello
domani". E' il motto della Settimana
mondiale del cervello che si celebra dal 12 al 18 marzo. 'Mens
sana in corpore sano' è il tema attorno al quale
ruoterà l'edizione 2012 dell'iniziativa, co-promossa da
European Dana Alliance for
the Brain in Europa e Dana
Alliance for Brain negli Usa, e
organizzata in Italia dalla Società italiana di neurologia (Sin). Nella
Penisola sono in programma incontri di informazione e sensibilizzazione su
tutto il territorio nazionale. Eventi su misura per ogni età, compresi
lezioni e giochi per gli studenti delle scuole elementari e medie. "Non si
tratta di un evento formale - sottolinea Giancarlo Comi, presidente della
Sin - bensì, di un richiamo alla assoluta peculiarità dell'organo di cui
ci occupiamo. Riteniamo che la neurologia abbia un ruolo del tutto
sottostimato nel nostro Paese, e l'obiettivo della Settimana mondiale del
cervello è proprio quello di fare in modo che tutta la comunità conosca e
capisca cos'è la neurologia e quali sono le patologie di cui si occupa".
Quando si parla di cervello si evocano numerosi concetti: il pensiero
razionale, le emozioni, l'inconscio e la coscienza, le capacità cognitive,
le percezioni della realtà e il modo in cui la interpretiamo. "Un unicum
governato dal nostro bagaglio genetico, dalle scintille elettriche che
accendono i circuiti neuronali, dal cibo, dalla cultura e dall'ambiente",
spiega il genetista Edoardo Boncinelli, fra i relatori dell'evento di
apertura della Settimana, l'appuntamento 'Mente, psiche, coscienza: quanto
è libero il cervello?', in programma lunedì a Milano (Teatro Franco
Parenti, ore 18) Fra le domande alle quali gli esperti cercheranno
di rispondere c'è il rapporto tra tempo e cervello. Come facciamo a
valutare il tempo che passa e quanto siamo precisi? Cosa sono i neuroni
orologio? E' possibile rintracciare in natura, fra gli animali e
nell'uomo, degli orologi biologici perfetti? Secondo gli ultimi studi sul
fronte delle neuroscienze - ricorda una nota - utilizziamo diversi orologi
interni che ci permettono di scandire finestre temporali che dai mille
secondi ai minuti; orologi che quando invecchiamo diventano sempre meno
precisi, e che in particolari persone come gli atleti o i pianisti possono
raggiungere livelli di eccezionale precisione. Ma gli specialisti si
confronteranno anche sui problemi di sonno e umore, su ansia e stress, e
sul tema delle dipendenze: da quelle da cibo fino al gioco d'azzardo
compulsivo tipico della ludopatia, patologia classificata nel Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali quale disturbo del controllo
degli impulsi.
Natale in tavola: istruzioni per l'uso...
Prepararsi
al cenone, ridurre l’introito calorico del pranzo in
famiglia, farsi
un’idea dell’apporto energetico di
pandoro e
torrone. Ecco
tutto quello che bisogna sapere per
sopravvivere
alle esagerazioni culinarie delle festività.
Le vetrine dei negozi sono popolate di decorazioni e il pensiero vola
inevitabilmente alle lunghe ore che trascorreremo a
tavola in occasione del
Natale.
Ore potenzialmente
“letali” per la
linea e, ancor più, per la salute, a meno che, senza bisogno
di pretendere da se stessi sacrifici titanici, non si metta in atto
qualche piccola strategia.
Arrivare
preparati -
Il
primo passo
per limitare le conseguenze degli
eccessi (di gola e di pigrizia) dei
giorni di festa è molto semplice: arrivare preparati. Come? Limitando le
calorie nei giorni che precedono il
Natale. Niente di drastico, è sufficiente
scendere intorno alle 1500 calorie già da subito, facendo uno sforzo in
più la settimana immediatamente precedente per scendere a 1200-1300. La
raccomandazione è, ovviamente, quella di non ridurre i cibi che
apportano nutrienti, quali vitamine e proteine, ma di tagliare le
calorie cosiddette inutili, ossia quelle che ci forniscono torte, alcol,
snack golosi e bevande zuccherate. E per far funzionare il tutto non sarà
male nemmeno cercare di fare un po’ di movimento: anche qui nessuno
pretende sessioni massacranti in palestra, ma passeggiate a passo
sostenuto o semplici esercizi da eseguire a casa. Bastano pochi minuti,
purché si trasformi in un’abitudine quotidiana.
Nei
giorni di festa
- Una volta arrivati in forma perfetta ai cenoni tradizionali, potremo
limitare i danni seguendo un decalogo diffuso (già lo scorso anno, ma
resta sempre valido!) proprio a questo scopo dagli esperti
dell’Osservatorio Nazionale Grana Padano, oltre 2mila tra dietisti, medici
di base, medici specialisti e pediatri guidato da un comitato scientifico.
Ecco le dieci regole da tenere a mente:
1. Non
fate mai mancare sulla
tavola natalizia abbondanti caraffe di
acqua, naturale o frizzante, e limitate il consumo di bibite e bevande
alcoliche;
2. Se
si dovete preparare un soffritto, anziché usare burro od olio, è
consigliabile far rosolare aglio e cipolla con vino bianco (l’alcool
evapora con la cottura) o brodo sgrassato;
3. Per
carne, pesce e verdure sono da preferire le cotture al vapore, alla
piastra, alla griglia o al forno, evitando le fritture;
4.
Condite utilizzando olio di oliva extravergine a crudo, dosandolo sempre
con il cucchiaio anziché versandolo direttamente dalla bottiglia. Per
limitare la quantità di olio necessaria, si possono utilizzare liberamente
l’aceto (anche balsamico) o il limone;
5.
Prediligete il pesce piuttosto che la carne, e scegliete ricette che
prevedano l’utilizzo di verdure, alimenti integrali e legumi nella loro
preparazione;
6. Non
eccedete con i salumi, gli antipasti elaborati e i formaggi grassi,
soprattutto nella preparazione dei piatti;
7.
Limitate l’uso del sale per insaporire i piatti, cercando invece di
esaltare il gusto naturale degli alimenti con spezie ed erbe
aromatiche;
8. Al
posto del dolce, si possono proporre colorate macedonie di frutta o
sorbetti alla frutta a base d’acqua (senza panna né latte);
9. Non
dimenticate di fare attività fisica, soprattutto aerobica, ricordando di
spostarsi preferibilmente a piedi e preferendo le scale al posto
dell’ascensore;
10. È
normale che durante le feste si provi il desiderio di mangiare cibi
“proibiti”. Ecco una regola d’oro: meglio concedersi gli alimenti
ipercalorici graditi solo durante la giornata di
Natale e durante
il pranzo o il cenone di Capodanno; durante tutte le altre giornate del
periodo delle festività, seguite invece un’alimentazione corretta, senza
eccessi. Più
prudente degli altri dovrà essere chi sa già di soffrire di
ipercolesterolemia, fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, ma
attività fisica e una dieta ricca di amido e fibre – ovvero pane, cereali
e vegetali – è consigliata a tutti per tenere a bada il cosiddetto
colesterolo cattivo.
Cifre
da tenere a mente ...
Per
agevolare il contenimento delle calorie ingerite può, inoltre, essere
d’aiuto tenere bene a mente l’apporto energetico dei principali peccati
di gola natalizi. Ecco quindi per voi qualche numero (a volte
impressionante) da ricordare per regolarsi, almeno, sulle quantità.
Partendo dagli antipasti, l’immancabile insalata russa ha già circa 315
calorie per 100 grammi. I classici tortellini hanno poi, di per sé, 300
calorie, sempre per 100 grammi, mentre il cappone ripieno si attesta sulle
530 a porzione.
Ma il
pezzo forte, lo immaginerete, arriva a fine pranzo. Un etto di dolcezza
offre cifre da capogiro. Ecco l’apporto energetico medio per 100 grammi
dei principali dessert natalizi:
torrone
alla mandorla: 479 kcal - torrone al cioccolato 500 kcal - pandoro 400
kcal - panettone 333 kcal - cioccolato al latte con nocciole: 543 kcal , e
non dimenticate il capitolo alcolici. Lo spumante conta 87 calorie
per 100 grammi (mezzo bicchiere circa), e il conto sale di molto se si
aggiungono i superalcolici.
I
cibi che potrebbero contribuire al rischio di ictus
Non
molte malattie sono diffuse e pericolose come l'ictus, una patologia che
può colpire da un momento all'altro anche improvvisamente. La paura di un
ictus è sicuramente fondata dato l'alto numero di persone colpite ogni
anno: 4200 solo in Italia circa. Le
sindromi vascolari acute come l'ictus, insieme alle malattie
cardiovascolari, rappresentano nel nostro Paese il 40% delle morti annuali
e sono la prima causa di decesso. La soluzione è sicuramente la
prevenzione, riservando un'attenzione particolare alla
nostra
alimentazione quotidiana. Di
seguito vi indichiamo 5 alimenti che potrebbero contribuire al rischio di
ictus.
1. Crackers,
patatine, merendine confezionate e alcuni prodotti da
forno
Muffins,
merendine, patatine, crackers e molti altri snack contenenti grassi
transgenici, oli idrogenati e conservanti hanno un effetto negativo
sull'organismo. Queste sostanze generalmente le troviamo in tutti i tipi
di snack, nei prodotti congelati e in alcuni prodotti da forno, includendo
pop corn da preparare al microonde, condimenti per insalate, alcuni
ripieni per alimenti, patatine fritte, torte e soprattutto guarnizioni
varie. È anche la margarina a rendere questi cibi dannosi per la nostra
salute. Senza contare, poi, gli alimenti che mangiamo nei fast food:
anelli di cipolla fritti, patatine e pollo fritto.
Perché sono da
evitare?
Per
diversi anni molti ricercatori si sono dedicati allo studio dei grassi
transgenici, catalogandoli come un serio pericolo per la formazione di
coaguli nel sangue, aumentando le concentrazioni di grassi, del cattivo
colesterolo nel sangue e comportando un abbassamento di quello
buono. Inoltre recenti ricerche hanno rilevato che i grassi transgenici
promuovono l'infiammazione e gli alti livelli di proteina C-reattiva,
fattori collegati ad un incremento dei rischi di diabete, ictus e
infarti.
Come comportarsi? Lo
scopo principale è limitare i grassi transgenici ad 1 o 2 grammi al
giorno, o meglio ancora eliminarli del tutto dalla nostra alimentazione.
Il nostro consiglio è evitare fast food, snack e torte confezionate e
leggere attentamente le etichette. L'ideale sarebbe preparare a casa dei
biscotti o altri snack, ma si sa, non sempre riusciamo a trovare il
tempo.
2. Carni affumicate
e trattate
É
risaputo che le carni trattate sono quelle che ci stuzzicano di più. Come
fare a dire di no ad un hot dog, una salsiccia, alla pancetta o ad un
panino con del tacchino affumicato? Ma le parole che gli esperti
continuano a ripetere è: fate attenzione a questi alimenti.
Perché sono da evitare Le
carni affumicate o trattate contribuiscono al rischio ictus in due modi. I
processi di conservazione fanno sì che le carni si arricchiscono di sodio
ed essendo trattate con particolari conservanti, danneggiano le arterie e
i vasi sanguigni. E naturalmente rovinando i vasi sanguigni il rischio di
ictus diventa più alto.
Come comportarsi
Se
proprio non riuscite ad eliminare completamente i salumi o le carni
affumicate, provate almeno a variare la vostra alimentazione.
3. La soda nella
propria dieta
Alcune
persone sostituiscono le bevande zuccherate con la soda per tenere il
proprio peso basso e
sotto controllo, il ché è un bene per mantenere il cuore sano. Ma la soda
aumenta il rischio di ictus.
Perché è da
evitare
Le
persone che fanno un abuso di soda, potrebbero un giorno andare incontro
al rischio di ictus per il 48%. I ricercatori sono giunti a questa
conclusione sulla base di diverse statistiche e indagini, ma non hanno
ancora un quadro chiaro sulle motivazioni che provocherebbero l'ictus. È
per questo che attualmente si stanno portando avanti una serie di studi a
riguardo.
Come comportarsi
In
attesa di saperne di più, il consiglio dei nutrizionisti è di evitare di
bere soda ogni giorno e di sostituirla con più acqua. Se poi l'acqua
proprio non vi piace, potete sempre provare la limonata, il tè freddo o il
succo di frutta, bevande gustose e senza insidie.
4. La carne rossa
Fare
un consumo elevato di carne rossa sembrerebbe comportare (soprattutto
nelle donne) un aumento del rischio di ictus. Questo è il risultato di uno
studio effettuato su più di 30.000 donne svedesi che, avendo assunto
almeno 102 grammi al giorno di carne rossa, hanno il 42% di probabilità di
andare incontro ad un ictus rispetto a quelle che ne hanno consumati meno
di 25 grammi ogni giorno.
Perché è da evitare
I
ricercatori sanno da tempo che i grassi saturi contenuti nella carne rossa
sono causa di ictus e malattie cardiache per un accumulo di proteine nelle
arterie. Ora si è scoperto che l'emoglobina, l'ingrediente che dà alla
carne rossa il suo alto contenuto di ferro, può rappresentare un serio
pericolo in tema di ictus.
Come comportarsi
La
soluzione è semplice: basterà sostituire un consumo quotidiano di carne
rossa con altri alimenti come pesce, carni bianche, legumi, noci, tofu,
che non contengono grassi nocivi.
5. Zuppe in scatola e cibi
pronti
Non
c'è nulla di più pericoloso per il rischio di ictus che le zuppe in
scatola e i cibi pronti. Entrambi sono carichi di sodio e altri
conservanti che non sono sicuramente salutari per la nostra
salute.
Perché sono da evitare
Il
sale o sodio ha una grande influenza sul rischio di ictus. Questo accade
principalmente perché il sale aumenta la pressione del sangue, senz'altro
la causa principale di ictus. Uno dei recenti studi ha rilevato poi che,
le persone che hanno consumato più di 4.000 mg di sodio quotidianamente,
sono soggette al doppio dei rischi di coloro che ne hanno assunti 2.000
mg.
Come comportarsi
La
soluzione ideale sarebbe
preparare
in casa zuppe e piatti vari, con un occhio di riguardo agli
ingredienti e
alla quantità di sale utilizzato. Potreste dividerli in porzioni singole e
congelarli. Se, invece, non siete troppo pratici ai fornelli o proprio non
riuscite a trovare il tempo, il nostro consiglio è di leggere attentamente
le etichette, dal momento che non tutti i prodotti siglati "a basso
contenuto di sodio" mantengono fino in fondo questa promessa.
La
dieta per pigri
Quando il bottone dei jeans proprio
non si allaccia, di solito come prima cosa ricorriamo a qualche esercizio
di fitness o stiamo attenti alle calorie che assumiamo durante la
giornata.
Alcuni
nutrizionisti, però,
hanno
scoperto qualcosa che potrebbe aiutare a perdere
peso ma con il minimo sforzo: 6 efficaci e
semplici trucchetti da tenere sempre presente. Vediamo quali
sono:
Assumere un Integratore
Multivitaminico. Evitando le
classiche pillole per perdere peso, possiamo prendere in considerazione
l'assunzione di un integratore multivitaminico. Sembrerà strano ma vari
studi hanno dimostrato che, le persone a dieta che hanno preso un
multivitaminico, o hanno perso peso oppure hanno smorzato il loro senso di
fame. Alcuni esperti nutrizionisti, infatti, pensano che quando il nostro
organismo è carente di vitamine e minerali tendiamo a mangiare di più per
compensare questa mancanza. Soprattutto quando si è a dieta, a volte,
queste sostanze vengono a mancare e sale il senso di fame. Quindi colmate
le vostre carenze con un multivitaminico!
Tenere sotto controllo il tuo
peso.
Salire le scale
di casa più volte al giorno, non costa poi così tanti sacrifici. Persino
alcune ricerche hanno dimostrato che le persone impegnate a farlo
regolarmente sono più predisposte a mantenere un peso costante. Le
ricerche hanno rilevato poi che,
se
si tiene sotto controllo il peso si è propensi a non farlo
risalire. Nei casi di anoressia, infatti, le
persone essendo ossessionate dal loro peso, arrivano a pesarsi addirittura
ogni giorno per timore che questo possa aumentare.
Iniziare ogni pasto con una Zuppa o
un'Insalata.
Insalate e
minestre hanno qualcosa in comune: sono costituiti per la maggior parte di
acqua e fibre che si sa, danno quel piacevole senso di sazietà. Se
iniziamo i pasti con una minestra o un piatto ricco di verdure è molto più
semplice per noi tenere lontana la voglia di mangiare, in particolar modo
si rischia meno di assumere troppe calorie. Iniziando il pasto con
un'insalata, potremmo riuscire a mangiare il 12% in meno di calorie.
Mentre altri studi dimostrano che con una zuppa vegetale prima dei pasti
si può evitare addirittura il 20% di calorie!
Non saltare la colazione.
Uno degli errori
più frequenti nelle diete fai da te è saltare la colazione. Il primo pasto
della giornata, infatti, oltre ad essere indispensabile per il nostro
organismo è uno degli sforzi minori che si possono fare per perdere peso.
Proprio così, tutte le persone che sono dimagrite non hanno mai trascurato
la prima colazione, soprattutto poi mangiando quegli
alimenti
che stimolano il metabolismo.
Bere acqua prima di
mangiare.
Se poco prima di
sedervi a tavola siete colti dagli insopportabili morsi della fame, la
soluzione è bere acqua. Una ricerca pubblicata sulla rivista «Obesity» nel
2010, sostiene che un gruppo di persone abituate a bere due bicchieri
d'acqua prima di un pasto, hanno mangiato di meno (riuscendo quindi a
dimagrire) rispetto a quelli che si sono rifiutati.
Comprare le verdure a
pezzetti.
Se avete il
tempo e la voglia di comprare al supermercato verdure fresche per poi
lavarle, tagliarle a pezzi e magari anche surgelarle, siete davvero tanto
pazienti e lungimiranti. Ma sicuramente non è un lavoro che richiede pochi
sforzi! È per questo che per risparmiare tempo e fatica raccomandiamo di
comprare le verdure già pronte e imbustate (a volte sotto vuoto) come le
baby-carote, l'insalata in busta e la frutta a pezzi. Avere questi sani
alimenti già pronti all'uso e sempre a portata di mano, sarà sicuramente
più semplice per voi fare uno spuntino a metà mattinata o nel pomeriggio,
così come molte diete prevedono. È normale che per dimagrire generalmente
ci si affida ad una dieta specifica. Il sacrificio naturalmente è grande:
tenere a bada il senso di fame, scegliere alimenti sani, organizzare i
nostri pasti, insomma, gestire il nostro piano dieta. Ma se gli stessi
risultati si possono ottenere anche con il minimo sforzo seguendo sei
semplici consigli, perché non provare?
Strategie indolore per perdere peso
Dieci semplici accorgimenti per dimagrire senza diete ferree né
allenamenti ripetitivi…
Per perdere i chili
di troppo, ma non il buon umore, bisogna trovare il giusto approccio a
tavola e il metodo migliore per tenersi in movimento senza annoiarsi. Ecco
qualche consiglio a prova di pigrizia. Aggiungi,
non sottrarre Dimenticate le rinunce a tavola, e provate
piuttosto ad aumentare la quantità di cibi salutari e gustosi come fragole
e ciliegie nella vostra dieta: aggiungere un po’ di frutta a colazione e
una bella porzione di verdure fresche al pranzo o alla cena vi farà
sentire più sazie e soddisfatte. Lasciate perdere
gli allenamenti ripetitivi
Se la routine da
palestra è la vostra peggior nemica, dimenticatela e provate a tenervi in
movimento in altri modi: con una pedalata in bicicletta, ballando, lavando
l’auto, giocando a frisbee o portando a spasso il cane (vostro o altrui).
Camminando, camminando… Passeggiare è
il modo più semplice di tenersi in forma, e in primavera è ancora più
piacevole. Per fare due passi in più, basta fare le scale ogni volta che
si può, scendere dall’autobus una o due fermate prima della vostra o
parcheggiare l’auto a qualche centinaio di metri dalla vostra
destinazione, e portare con voi musica che vi faccia venir voglia di
tenere un buon ritmo. Alleggerite i vostri cibi
preferiti Il modo più semplice per tagliare un po’ di calorie a
tavola, sono le versioni light dei cibi che amate: se volete
un gelato, scegliete i gusti alla frutta; provate a ordinare la pizza
senza mozzarella, oppure limitate i condimenti; date una chance allo
yogurt di soia, molto più leggero di quello tradizionale. E non
dimenticate le bevande: cercate la versione light, se proprio non volete
rinunciarci. La giusta idratazione aiuta
Bere un bicchiere d’acqua prima dei pasti vi aiuterà a sentirvi
subito meno affamate, e quindi a controllare meglio ciò che mangiate.
Tenere acqua o altre bevande ipocaloriche a portata di mano è anche un
ottimo modo per sostituire gli snack, e funziona anche davanti al buffet
dell’aperitivo. Inoltre, la giusta idratazione vi aiuta a sopportare
meglio le fatiche sportive. Condividere le
porzioni Molti bar, ristoranti e fast food servono porzioni
decisamente abbondanti e ammazza - dieta. Anziché rinunciarvi, potete
dividerle con un’amica o con il vostro ragazzo: ordinate un solo piatto di
patatine fritte per due, oppure scegliete insieme il dessert. Avrete la
stessa soddisfazione, e anche qualche euro risparmiato.
Attivi anche davanti alla TV Se la scelta tra il
corso di spinning e il vostro telefilm preferito vi sembra fin troppo
scontata, ricordate che non dovete per forza stare ferme sul divano per
seguire le avventure dei ragazzi di Glee o delle Desperate Housewives:
ballate anche voi le coreografie del Glee Club, fate un po’ di cyclette
durante la pubblicità… Le dimensioni contano
Una piccola porzione in un grande piatto mette tristezza, ma la
stessa porzione in un piattino più piccolo fa tutt’altro effetto.
Ricordate di applicare questo trucco anche a tazze, bicchieri e posate, ad
esempio mangiando il gelato (non direttamente dalla vaschetta!) con un
cucchiaino più piccolo del solito: il piacere durerà più a lungo, e lo
avrete gustato molto di più. Tenetevi impegnate
Non pensate sempre e solo alla vostra dieta: tenetevi occupate
con qualcosa che non abbia nulla a che fare con il cibo, anche perché è
risaputo che gli snack extra si fanno soprattutto per noia. Se invece
siete già abbastanza occupate, trovate almeno il tempo di pranzare e
cenare a tavola, lontano dallo schermo del computer o della TV, che vi
distraggono da ciò che state mangiando. Mantenere
il peso forma Mantenere il peso forma è molto più facile che
smaltire i chili extra, quindi siate costanti nell’osservare queste
semplici regole, soprattutto una volta che avrete raggiunto il vostro
obiettivo. Qualche consiglio extra
Cercate di mangiare ogni giorno alla stessa ora (snack
inclusi); preparate un menù unico per tutta la famiglia, anziché uno
“dietetico” per voi e uno “tradizionale” per gli altri; ricordate che
tanti piccoli accorgimenti si sommano e danno un grande
risultato.
Salute: amore e lavoro in bilico per 150 mila italiani
con malattie croniche intestino
Chicago
- Giorni
di lavoro persi a causa della malattia, storie d'amore finite o in crisi,
incubo dimissioni e licenziamenti. E, per i più
giovani, la rinuncia a proseguire gli studi.
Scoprirsi malato di Mici (malattie croniche dell'intestino) rischia di
travolgere la vita dei circa 150mila italiani che ne soffrono, come
rivelano i dati preliminari dello studio Impact, illustrati a Chicago da
Marco Greco, presidente dell'Efcca (European
Federation of Crohn’s and Ulcerative Colitis
Association). Lo studio, condotto a livello europeo su oltre 1.750
persone, punta a capire in che modo queste
patologie si riflettono sull'esistenza di chi ne soffre. "L'analisi non è
completa - precisa Greco, nel corso della Digestive
Disease Week 2011, che ha riunito nella città statunitense decine
di migliaia di medici da tutto il mondo - ma
dai dati preliminari si vede che il 27% dei pazienti ha perso in un anno
più di 25 giorni di lavoro a causa del riacutizzarsi dei sintomi, e il 15%
da 10 a 25 giorni". E ancora, questa patologia ha tenuto lontano
dall'amore il 34% dei malati, 'uccidendo' la relazione sentimentale per il
22%. Carriera e studi hanno 'sofferto' a causa della malattia
rispettivamente per il 66% e il 53% degli intervistati. Mentre il 46% ha
perso il lavoro o si è dovuto dimettere. "Morbo di Crohn e colite
ulcerosa sono malattie ancora poco note, che
costringono chi ne soffre a lottare contro uno stigma. Sono problemi
imbarazzanti, e dunque se ne parla poco, che colpiscono giovani adulti,
con pesanti ripercussioni a livello sociale e lavorativo", sottolinea
Greco all'Adnkronos Salute. La federazione europea riunisce 207
associazioni nazionali con 103mila soci, "per fare da punto di incontro e
raccordo tra i diversi gruppi, e per relazionarsi con una voce unica con
il Parlamento e la Commissione europea", prosegue Greco. In questo momento
i 'nodi' che le associazioni del vecchio continente si trovano ad
affrontare sono cinque: "La scarsa conoscenza di queste malattie,
l'accesso uniforme ai trattamenti in Italia,
ma anche in Europa, in particolare per quanto riguarda i medicinali
biologici. E ancora, la tutela sociale e lavorativa dei pazienti; la
definizione della malattia in rapporto alla disabilità e, infine, la
diagnosi precoce". Se queste malattie sono diagnosticate e trattate
in tempo, si è visto che si riesce "a ridurre drasticamente
l'ospedalizzazione. La qualità di vita migliora, con importanti riflessi
anche in termini di risparmio della spesa sanitaria. Si tratta -
sottolinea - di malattie che si manifestano principalmente
nell’adolescenza: il picco è tra i 14 e i 18 anni. Ecco perché è
importante coinvolgere i giovanissimi e puntare su una diagnosi e un
trattamento che siano davvero precoci", conclude Greco, invitando i
giovani pazienti a partecipare alle attività delle associazioni. Per dare
voce e difendere i diritti di quanti "per troppi anni sono stati in
silenzio".
Bellezza: scoperto l’elisir di giovinezza per la pelle,
lo zucchero verde la protegge…
Parigi
-
Si cela nella porzione più superficiale della pelle l''elisir' di
giovinezza, il capitale da proteggere per un aspetto radioso. E' il derma
papillare, lo strato che, quando è attivo, aiuta a ricreare pelle giovane
anche in tutti gli altri strati. Lo hanno scoperto ricercatori dei
laboratori Vichy, che hanno anche identificato in uno zucchero vegetale la
sostanza più efficace nel far ripartire l’attività di quest’area della
pelle, particolarmente vulnerabile agli anni che passano e agli effetti
dell'esposizione solare. "Le cellule che popolano quest'area del derma, i
fibroblasti papillari, sono uniche, diverse dai fibroblasti reticolari
degli strati più in profondità. Producono più collagene, più elastina. Il
loro potenziale di crescita, però, diminuisce con l'età: man mano che gli
anni passano, e anche in virtù degli effetti dei raggi Uv, tendono a
somigliare ai reticolari. Perdono il loro potere rigeneratore. Per
preservare la loro funzionalità, e con essa la giovinezza della pelle,
bisogna prendersi cura di questa piccola porzione del derma", ha spiegato
Jacques Leclaire, direttore di Life Sciences Research di L'Oreal, in una
conferenza stampa internazionale a Parigi per il lancio di un nuovo
anti-ageing Vichy, sviluppato grazie a questa scoperta. Per arrivarci ci
sono voluti più di 10 anni di ricerca. Grazie a sofisticati microscopi e
tecniche di etichettatura molecolare, che hanno reso possibile studiare
protagonisti infinitamente piccoli della nostra pelle e osservare come si
comportano, sono stati individuati i fibroblasti papillari. E si è visto
che, quando sono nel pieno del loro potenziale, producono e diffondono le
molecole della giovinezza. Il derma papillare è, dunque, la sorgente di
giovinezza della pelle. Ma è anche un’area piuttosto fragile.
Invecchiamento e raggi Uv, che pure penetrano in profondità, colpiscono in
particolare lo strato più superficiale del derma, riducendo man mano i
fibroblasti. Si accentuano le rughe, diminuiscono tono ed elasticità,
l’epidermide perde luminosità. Uno zucchero ‘verde’, estratto da alcune
piante che crescono in Brasile, si è dimostrato in grado di rallentare
questo processo. Il Rhamnose, già noto per le sue proprietà
farmacologiche, è stato scelto fra oltre 50 molecole anti-età testate su
modelli di pelle umana ricostruita in laboratorio, proprio in virtù della
sua capacità di agire sul derma papillare e di riattivarlo. Il Rhamnose è
il principio attivo del nuovo anti-ageing Vichy, che arriverà nelle
farmacie italiane ai primi di marzo. E' stato testato, racconta Caroline
Debbasch, direttore scientifico Vichy, "in sette studi su oltre 800 donne
in tutto il mondo. I test mostrano come con il Rhamnose a una
concentrazione del 5% si ottengano buoni risultati contro diversi tipi di
rughe, anche quelle della fronte, più difficili da trattare, già dopo due
settimane. Gli effetti si intensificano dopo due mesi". Sulle virtù
anti-età di questa sostanza sono stati depositati sette brevetti. Quello
degli zuccheri 'verdi' è un filone di studio molto promettente per
l'industria della bellezza, efficace ed eco-sostenibile. "Sappiamo che lo
zucchero – afferma Leclaire – gioca un ruolo molto importante per la
qualità e la luminosità della pelle. La giusta combinazione con le
proteine è fondamentale per mantenere e distribuire l'acqua correttamente.
Le ricerche in questo campo continuano e, in particolare, stiamo lavorando
per comprendere nel dettaglio i meccanismi d’azione del Rhamnose e
valutarne gli effetti anche sugli strati più in profondità del derma".
Parallelamente sono in piedi diversi programmi di ricerca sulle staminali
adulte: uno degli obiettivi è identificare le cellule 'madri' del derma e
trasformarle in un alleato di bellezza.
Tumori: nuova frontiera la ricostruzione del seno
con il grasso dell'addome
Roma
- C'è
una buona notizia per le pazienti che si sottopongono a un intervento
chirurgico per asportare un tumore alla mammella: con un nuovo tipo di
intervento possono evitare il trauma della perdita del seno, che grazie a
una nuova tecnica può essere ricostruito nello stesso momento in sala
operatoria, senza protesi ma con tessuti autologhi. La metodica si chiama
ricostruzione con lembo Diep (Deep Inferior Epigastric Perforator) e in
Italia il centro che ha la maggiore esperienza è quello guidato da Fabio
Santanelli, titolare della cattedra di Chirurgia plastica della II Facoltà
di Medicina e chirurgia dell'università di Roma La Sapienza, e
responsabile dell'Uod di Chirurgia plastica all'ospedale Sant'Andrea nella
Capitale. "Semplificando molto - ha spiegato l'esperto oggi a Roma,
presentando un convegno internazionale sulla ricostruzione mammaria in
programma da domani al ministero della Salute - si tratta di una
addominoplastica funzionale alla ricostruzione del seno: le tecniche
chirurgiche oggi sono in grado di avvalersi di veri e propri autotrapianti
di tessuto, per restituire a una donna un seno il più possibile simile a
quello che ha perso a causa di un tumore. Tra queste tecniche rientra la
ricostruzione con il lembo Diep, in cui si ricorre all'uso di una ellisse
di cute e grasso addominale al di sotto dell'ombelico, che viene
trapiantata dove è avvenuta l'asportazione mammaria. L'operazione si può
eseguire sul 30% delle pazienti sottoposte a mastectomia, poiché è
necessario che abbiano una discreta quantità di grasso addominale. Il
risultato è molto più naturale di quello che si ottiene con le protesi,
addirittura ingrassa e dimagrisce con la paziente". Santanelli e il suo
team hanno eseguito dal 2004 a oggi quasi 800 ricostruzioni mammarie, di
cui 250 con lembo Diep. L'intervento è lungo, in media dura cinque ore,
"ma le complicanze sono molto limitate: nel 3% dei casi compare una
necrosi parziale, piccoli noduli innocui su cui si può intervenire
successivamente in maniera non invasiva". In Italia pochi altri centri
sono in grado di offrire questa metodica, che anche per questo motivo è
poco conosciuta. Per informare le pazienti su questa nuova opportunità è
stato appositamente realizzato il sito www.ricostruzionealseno.it, con
informazioni chiare e poco 'tecniche', senza l'uso di immagini cruente.
Altro problema, "il fatto che oggi - evidenzia il chirurgo - il sistema di
Drg di quasi tutte le Regioni non preveda l'intervento di ricostruzione
mammaria immediata: nonostante sia eseguito da tempo e i suoi vantaggi
anche in termini economici siano indiscussi, non viene remunerato
adeguatamente. Addirittura interventi eseguiti con tecniche più vetuste
vengono rimborsati di più. In questo senso è necessario un adeguamento",
ha concluso.
Il matrimonio fa male alla linea, sono più in
forma i single e i divorziati…
ROMA
-
Il matrimonio fa male al fisico, infatti i single o i divorziati, cioe'
coloro che, quindi, sono tornati single, sono piu' in forma dei coniugati.
E'
quanto dimostra uno studio su quasi 9000 adulti (6900 maschi e 1971
femmine) pubblicato sulla rivista American Journal of Epidemiology
dall'equipe di Francisco Ortega dell'istituto Karolinska di
Stoccolma.
Secondo quanto
riferito online dalla Reuters che riporta questa ricerca, i suoi risultati
indicano per la prima volta chiaramente che le grandi transizioni nella
vita di una persona (eventi come il matrimonio o il divorzio) hanno un
impatto notevole sugli stili di vita, quindi anche sul proprio fisico e
sullo stato di salute.
Gli esperti hanno
monitorato (con vari test fisici e parametri di salute, e 'interrogandoli'
periodicamente sui loro stili di vita) la salute e la forma fisica del
loro campione nell'arco di tre anni, nel corso dei quali parte del
campione si e' sposato, o ha divorziato.
E' emerso che le
donne che sono rimaste single durante tutto lo studio sono in forma fisica
migliore rispetto alle loro coetanee maritate e che anzi le single nel
corso dei tre anni hanno migliorato la propria forma fisica.
Gli uomini, invece,
se sposati tendono ad andare incontro al declino della propria forma
fisica. I single si 'salvano' in parte dal declino. Coloro che divorziano
migliorano la forma fisica, mentre si riscontra un declino del corpo tra i
maschi che si risposano nel corso dello studio.
Lo studio dimostra
quindi che fattori sociali hanno un impatto notevole sulla propria forma
fisica e che lo stato coniugale di una persona e' particolarmente
importante.
Insomma se il
matrimonio e' in vista, meglio iscriversi in palestra, e non solo per
entrare nell'abito da indossare il giorno delle nozze, ma anche per
restare in forma negli anni a venire.
Ricerca: il profumo ti fa bella, e' la scienza a
dimostrarlo…
Roma - Il
profumo ti fa bella: a dimostrarlo è la scienza. Un trucco che vale non
solo per lei, ma anche per lui. Una buona fragranza, prove scientifiche
alla mano, aiuta con l'altro sesso e non solo, rendendoci più avvenenti
agli occhi del mondo. A provarlo è uno studio dell'università di Chieti
pubblicato sulla rivista 'Perception'. Che mostra, tra le altre cose, che
un buon effluvio non solo dà una mano ma può addirittura far la
differenza, perché il sistema olfattivo domina i segnali sensoriali che
provengono da altri sistemi. Compreso quello visivo, ritenuto erroneamente
il più importante per noi. In realtà questa ricerca, interamente 'made in
Italy', mostra che "il sistema olfattivo occupa un ruolo fondamentale e
prioritario nella comunicazione sessuale", spiega all'ADNKRONOS SALUTE
Andrea Mazzatenta, docente di psicobiologia nell'ateneo teatino a capo
dello studio. La ricerca è stata condotta su 100 volontari, 50 uomini e
altrettante donne, ai quali sono state mostrate foto che ritraevano volti
di sconosciuti. Si trattava di visi di giovani uomini e donne, più o meno
attraenti, ma anche di volti di bambini e anziani di ambo i sessi. Le
volontarie che facevano parte del campione di studio erano tutte in fase
di ovulazione "proprio perché - spiega Mazzatenta - in questa fase la
donna cambia la propria percezione olfattiva e diventa più sensibile agli
stimoli sessuali". Prima di sottoporre i volti al giudizio del campione, i
ricercatori hanno fatto scegliere ad altri 40 volontari dei profumi tra
una serie di essenze in commercio. Gli uomini dovevano indicare la
fragranza da donna più gradevole, le donne fare altrettanto con quella
maschile. A questo punto, sotto le postazioni del campione chiamato a
giudicare i volti su una scala da 1 a 7 in base a diversi parametri, sono
stati nascosti erogatori dei profumi più gettonati. I test sono stati
ripetuti in due fasi diverse. La prima volta i giudizi sui volti sono
stati dati in assenza totale di profumo. A distanza di tempo, il test è
stato ripetuto attivando l'erogatore di fragranza, consentendo agli
studiosi capitanati da Mazzatenta di dimostrare che il profumo faceva la
differenza. "Il giudizio sulla familiarità o sulla fiducia ispirata dai
volti visionati - spiega il ricercatore - non variava affatto, era la
stessa con o senza essenza. Ma mutavano notevolmente i pareri legati
all'attrattività sessuale, e ancor più quelli sulla bellezza", che in
presenza di aromi gradevoli lievitavano letteralmente. E questo sia negli
uomini che nelle donne. "A livello biologico e neuroscientifico - spiega
lo studioso - questi risultati sono interpretabili piuttosto facilmente.
Il sistema olfattivo, con la sua rete nervosa, proietta infatti
direttamente al sistema limbico. Questo sistema include l'amigdala, ovvero
l'area cerebrale che governa le emozioni, nonché l'ipotalamo, che
controlla il sistema neuroendocrino deputato al rilascio di ormoni". Il
sistema limbico, detto anche antico perché rappresenta la parte
evolutivamente più primitiva e arcaica del cervello, finisce per
avvantaggiare il sistema olfattivo, facendo in modo che questo domini i
segnali sensoriali che prevengono da altri sistemi, compreso quello
visivo. Una constatazione che sembra spiegare perché il profumo di una
persona che non c'è più spesso finisce per avere un impatto emotivo molto
più forte di quello di una foto che la ritrae. Risultati che potrebbero
avere risvolti anche commerciali, e che i ricercatori dell'ateneo teatino
hanno raggiunto a costo zero. Le fragranze utilizzate sono state infatti
donate da profumerie di Chieti e Pescara, i tester da un farmacista. Ma
purtroppo anche il 'costo' dei ricercatori è estremamente esiguo.
Mazzatenta, che vanta numerose pubblicazioni all'attivo, ha un contratto a
tempo determinato ed è, di fatto, un precario. Vita dura anche per gli
altri due studiosi che fanno parte del team: Ottavia Capparuccini e
Christopher Berrie. La prima è una studentessa che lavora in discoteca per
'arrotondare', Berrie invece è un farmacologo anglosassone precario che si
mantiene facendo revisioni linguistiche. Il che rende il profumo,
protagonista indiscusso di questa ricerca, "un po' più amaro", ironizza
Mazzatenta.
Salute: meno sani ma piu' longevi, americani battono
inglesi…
Roma
- Americani meno sani ma più longevi, almeno rispetto
agli inglesi. Hanno più acciacchi e fanno i conti con più malattie
croniche, ma vivono più a lungo dei cittadini britannici. Lo dimostra,
numeri alla mano, uno studio realizzato da Rand Corporation e
dall'Institute for Fiscal Studies di Londra, pubblicato sulle pagine della
rivista 'Demography'. I cittadini statunitensi tra i 55 e i 64 anni hanno
un più alto tasso di patologie croniche, eppure vivono tanto quanto i
coetanei inglesi. Non solo. Quelli che hanno spento 65 o più candeline
sulla torta e stanno male, ad esempio soffrono di diabete, a parità di
acciacchi mostrano comunque un tasso di mortalità inferiore rispetto ai
loro coetanei britannici. In altre parole, "se ti ammala in età più
avanzata - spiega James P. Smith, autore dello studio assieme a James
Banks e Alastair Muriel - morirai prima in Inghilterra che negli Stati
Uniti. Sembra infatti che, almeno in termini di sopravvivenza quando si è
più in là con gli anni e si hanno malattie croniche, il sistema sanitario
negli Stati Uniti sia migliore di quello inglese". Per giungere a questo
risultato, gli studiosi hanno incrociati e dati relativi a incidenza e
prevalenza di alcune malattie croniche (diabete, pressione alta, malattie
cardiache, infarto, ictus, patologie polmonari croniche e cancro) con i
tassi di mortalità dei due Paesi. Constatando così che nonostante gli
americani fossero messi di gran lunga peggio sul fronte della salute
rispetto agli inglesi (ad esempio il diabete corre a una velocità quasi
doppia negli States), i tassi di mortalità erano circa gli stessi nelle
fasce di età più giovani (55-64 anni) e addirittura inferiori in età più
avanzata. Secondo gli studiosi, ci sono due possibili spiegazioni che
consentono di interpretare i tassi di mortalità più elevati per gli
inglesi over 65 con malattie croniche: una è che le patologie studiate
hanno prodotto un aumento della mortalità maggiore in Inghilterra che
negli Stati Uniti; la seconda è che la malattia viene diagnosticata più
tardi nei britannici, costretti così a combattere la malattia in fase più
avanzata.
Salute: scoperto l'interruttore per
abbronzarsi senza sole…
ROMA
- Addio lettini e docce solari, addio ore e ore ad abbrustolirsi al sole
e, soprattutto, alle scottature e al rischio melanoma, il tutto senza
rinunciare alla tanto agognata tintarella: infatti in futuro una crema ci
fara' auto abbronzare senza sole e senza esporsi in alcun modo ai
pericolosi raggi UV. Secondo una ricerca sulla rivista Genes &
Development, il segreto di questa pomata e' una molecola che spegne un
enzima, 'PDE-4D3', senza il quale la pelle si colora anche senza essere
esposta agli UV. La scoperta e' di scienziati del Massachusetts General
Hospital (MGH) diretti da David Fisher. L'abbronzatura e' divenuta quasi
un 'must' per molti, cosi' d'estate c'e' chi e' disposto a soffrire ore al
sole pur di diventare nero, d'inverno si passa alle lampade. Si tratta
comunque di comportamenti molto pericolosi perche' i raggi UV fanno male,
aumentano il rischio di cancro alla pelle, melanoma in primis. Trovare un
principio attivo che induca la produzione di melanina e che, quindi,
colori la pelle senza bisogno di esporsi al sole, sarebbe come trovare la
gallina dalle uova d'oro perche' aiuterebbe ad evitare comportamenti a
rischio cancro. Gli esperti Usa si stanno avvicinando al traguardo, hanno
scoperto infatti che spegnendo l'enzima PDE-4D3 i melanociti (cellule
cutanee) cominciano a produrre piu' melanina e in soli cinque giorni
topolini si 'abbronzano' pur senza esporsi agli UV. Se si trovera' un
inibitore di PDE-4D3 non tossico e capace di penetrare nell'epidermide
umana, il gioco e' fatto: infatti lampade e sole non servirebbero piu'
perche' ci si potra' abbronzare con una pomata e quindi ci si potra'
esporre meno ai raggi UV; per di piu' la melanina prodotta in questo modo
dara' essa stessa protezione contro gli UV.
Tumori: ricostruzione seno
senza protesi, solo 10% donne la conosce
Roma
- Solo il 10% delle donne che hanno subito un intervento post oncologico
al seno è al corrente dei diversi metodi di ricostruzione mammaria, il
restante 90% ignora la possibilità di evitare le protesi. E' quanto emerso
dalle interviste effettuate su 52 donne, fra i 38 e i 56 anni d'età,
all'Open Day sulla ricostruzione mammaria post oncologica organizzato a
Torino da Michele Zocchi, chirurgo plastico ed estetico, insieme ad un
team di esperti. Alla domanda su come fossero venute a conoscenza dei tipi
di intervento esistenti, il 65% delle intervistate ha risposto tramite
riviste di settore, il 25% attraverso internet e il 10% tramite
passaparola.
"Nella
maggior parte dei casi - sottolinea Zocchi in una nota - la ricostruzione
mammaria post oncologica comporta molteplici interventi invasivi e molto
spesso la necessità dell'utilizzo di espansori cutanei e di protesi di
silicone. Altre tecniche ricostruttive - aggiunge - prevedono invece
l'utilizzo di grandi lembi di tessuto prelevati in altre zone del corpo:
interventi molto invasivi che lasciano cicatrici importanti".
Ma
sembrano esserci anche altre strade. "In alternativa a queste tecniche
tradizionali - spiega Zocchi - possiamo oggi avvalerci di metodologie
molto più innovative che permettono di ricostituire la forma e il volume
di un seno devastato dalla chirurgia demolitiva oncologica mediante
l'innesto di tessuto adiposo prelevato dalla stessa paziente con cicatrici
minime (2 o 3 millimetri) nascoste in pliche cutanee". Nuove tecniche,
poco conosciute. "Ritengo giusto e doveroso - afferma l'esperto - che una
paziente venga informata di tutte le più moderne possibilità di intervento
sul proprio corpo in modo da poter prendere le proprie decisioni alla luce
di una informazione completa e attuale. Questo - conclude Zocchi - è lo
spirito che ci ha animato nell'organizzazione di questo primo Open Day e
che ci ha spinto a volerne organizzare altri in diverse città
Chirurgia: corpo perfetto? Il
bisturi dia armonia e naturalezza
ROMA
-La
bellezza? Non esistono canoni assoluti, ma dopo gli occhi 'tirati' e le
labbra a 'gommone', oggi il nuovo 'must' e' armonia e naturalezza.
''Ognuno - afferma Alessandro Gennai, chirurgo plastico di Bologna socio
dell'European Academy of facial and plastic surgery - deve capire quello
che e' meglio per se', rispettando la propria armonia di forme e
proporzioni. Ed e' questa la nuova tendenza''. Di qui il ''decalogo''
stilato dagli esperti
Al
primo posto ci sono gli occhi, specchio dell'anima. Basta svuotarli con
chirurgie troppo aggressive: ''oggi - continua Gennai - la regola e'
ridare volume e riportare le rotondita' tipiche della giovinezza''. No,
quindi, alle blefaroplastiche esagerate, si' a un lipofilling e al
riposizionamento del sopracciglio. Anche per la bocca stop ai 'filler' che
danno un aspetto innaturale. La nuova tendenza e' la bonificazione con il
proprio tessuto adiposo o acido ialuronico puro. Al terzo posto il naso
che, oltre a essere in armonia con il viso, deve mantenere una buona
funzione. Alt ,quindi, alle rinoplastiche aggressive che li omologano
compromettendone spesso la funzione. Stesse indicazioni per il seno, le
cui forme e dimensioni sono oggi piu' 'naturali' grazie a protesi 'su
misura', nuovi 'filler' a base di acido ialuronico e l'utilizzo del
proprio tessuto adiposo per tonificare e rimodellare senza stravolgere. Al
quinto posto c'e' l'addome, cruccio per gli uomini. Anche se la
liposcultura puo' aiutare a togliere ''pancetta'' e ''maniglie''
dell'amore, il consiglio e' fare esercizi fisici mirati tutto l'anno. I
fianchi sono invece un punto critico per le donne. Oggi per modellarli
oltre alla liposcultura ci sono tecniche soft quali l'idrolipoclasia
ultrasonica e la laserlipolisi. Al settimo posto il cosiddetto ''lato B''.
''Grazie ai nuovi acidi ialuronici - spiega l'esperto - e' possibile dare
tono ai glutei afflosciati dalla vita sedentaria. Non solo: chi ha del
grasso da eliminare puo' toglierlo dove non piace e metterlo proprio
li'''. Per le gambe invece il 'must' e' l'attivita' fisica. Migliora tono
e circolazione, conferendo un aspetto sano e bello. Sotto la lente anche i
polpacci: anche qui l'esercizio e' la migliore cura di bellezza, ma per
chi li ha troppo piccoli l'acido ialuronico puo' aiutare a modellarli.
Infine le braccia. ''La perdita di tono - conclude Gennai - si puo'
correggere con le nuove radiofrequenze associate all'utilizzo di acido
ialuronico''.
La
psicologa: "Le donne tradiscono, di più quelle sui
cinquanta...
Roma
- È donna e ha circa cinquanta anni. Ecco chi tradisce in tema di
relazioni extraconiugali. Mentre però il maschio tradisce a tutte le età e
in tutte le stagioni, la donna è attratta da altri uomini in modo
particolare intorno ai cinquanta e questo desiderio di nuove esperienze
non le passa con gli anni, cosa che invece accade agli uomini. E l’estate
è più portata al tradimento.
“In
estate le ore di luce sono maggiori e ciò influisce sull’umore - spiega la
psicoterapeuta - si ha più voglia di stare all’aperto e le opportunità di
incontro aumentano. Mariti spesso troppo distanti sia fisicamente sia
psicologicamente, il bisogno di sentirsi sempre attraenti, di suscitare
interesse, di avere conferme su se stesse e recuperare l’autostima
minacciata dall’età in una società che non concede segni di cedimento, il
tutto è sempre più incalzante per le nostre cinquantenni. La
frequentazione di posti all’aperto, la vista di corpi scoperti e
abbronzati stimola notevolmente il desiderio. Da non trascurare poi il
ruolo dei feromoni, sostanze chimiche naturali che produce il nostro
organismo e che enfatizzano il sex appeal. Quell’alchimia olfattiva che
accende inconsapevolmente la passione, soprattutto quando la pelle è più
scoperta e più facilmente percepibile ai sensi, come in estate”.
“L’ormone
principalmente imputato nel tradimento femminile - aggiunge la Sorrento -
è l’estradiolo ribattezzato ‘Marilyn Monroe'. Elevati livelli di
quest’ormone rendono le donne più attraenti e seducenti. A tal proposito
cito il film di Marilyn Monroe, 'Quando la moglie è in vacanza', ancora
oggi di estrema attualità. In ogni caso non ci sono attenuanti. Il
tradimento è sempre una ‘libera scelta e quando un partner rompe il
vincolo di fedeltà, i motivi spesso sono molto più profondi come la
delusione e la solitudine”.
Le
tipologie della traditrice possono essere così sintetizzate. Secondo la
Sorrento “c’è la traditrice seriale, ovvero una donna che porta avanti
storie parallele; la traditrice compulsiva, per la quale ogni occasione è
buona; c’è poi quella occasionale che ogni volta pensa che non avrà altre
occasioni e ogni tanto ci casca”. Di fatto, queste descrizioni valgono
indifferentemente per entrambi i sessi.
"Il
tradimento femminile - dice la dottoressa Sorrento anche responsabile dei
Centri di Psicologia Artemisia - non è più dettato solo dall’innamoramento
ma anche dal puro piacere di vivere una trasgressione. Il tradire o
trasgredire mette inevitabilmente in contatto con lati nascosti di noi
stessi e la carica di energia che si recupera, spesso alimenta nuovamente
la relazione”.
Estate: 'boom' delle
coliche renali da caldo, disidratazione sotto accusa...
Roma
-
Dolori lancinanti, sudori freddi e spasmi a intermittenza. Le coliche
renali, vero e proprio incubo che affligge soprattutto gli uomini,
registrano un'impennata decisiva con la bella stagione, quando il caldo
incalza e la colonnina di mercurio lievita. E così, in questi giorni in
cui salgono le temperature da un estremo all'altro della Penisola, "sale
vertiginosamente - spiega Cinzia Barletta, presidente della
Federazione italiana di medicina di emergenza urgenza e delle catastrofi
(Fimeuc) - il numero di persone alle prese con questo
problema".
Sotto
accusa "la disidratazione", responsabile numero uno delle coliche renali
da caldo. "Dovremmo bere due litri d'acqua al giorno tutto l'anno -
ricorda Barletta - ma questa buona abitudine deve diventare regola nei
giorni caldi, quando si suda di più e l'organismo ha bisogno di compensare
assumendo liquidi". Non bevande a caso, dice, ma acqua, da tenere sempre a
portata di mano. "Mentre alcune bibite come te e coca cola - sottolinea
l'esperta - possono addirittura remare contro". Occhio anche alle bevande
arricchite di sali minerali, da assumere "solo se diluite e senza mai
esagerare". E chi già in passato si è trovato a fare i conti con le
coliche renali deve addirittura "superare il quantitativo d'acqua
raccomandato - spiega Baretta - e bere 3/3,5 litri al dì" per evitare
brutte sorprese.
Per
non ritrovarsi piegati in due dal dolore, occhio anche all'attività
fisica. La regola è sempre la stessa: "Bere molto compensando i liquidi
che perdiamo facendo movimento", spiega il presidente della Fimeuc. Un
imperativo che, in parte, mette a riparo anche dalle infezioni urinarie,
"altro problema che accende le coliche renali". Barletta traccia infine
un' identikit delle persone chiamate più spesso a fare i conti con questo
'grattacapo': "Giovani adulti tra i 25 e i 40 anni - spiega -
prevalentemente maschi che hanno una familiarità con le coliche renali o
hanno già avuto episodi in passato".
Farmaci: arriva 'dottor
Microbo', guida per medici famiglia su antibiotici
Roma
-
Educare
i medici di famiglia alla corretta prescrizione dei farmaci antibiotici
per il trattamento delle infezioni respiratorie. Servirà a questo scopo
'Dr. Microbo', guida internazionale online voluta per iniziativa del
dipartimento Toraco-polmonare e cardiocircolatorio dell'Università degli
studi di Milano, e reperibile all'indirizzo www.drmicrobe.com. La
resistenza agli antibiotici, evidenzia una nota, è un problema importante
in Italia. Si ritiene che sia l’impiego inappropriato di questi medicinali
a rappresentare una delle cause principali dello sviluppo della resistenza
dei microbi. Secondo un recente studio condotto in Europa, l’Italia è al
quinto posto nell’uso ambulatoriale di antibiotici. A partire da oggi è
dunque online il programma educativo www.uso-antibiotico.it. Tre moduli di
apprendimento offrono ai medici di famiglia i consigli degli specialisti
su problematiche legate alla prescrizione degli antibiotici per ottenere i
migliori risultati nel trattamento delle infezioni respiratorie. Il
programma educativo è fornito dal dipartimento Toraco-polmonare e
cardiovascolare dell'università di Milano ed è accreditato dall'European
Board for Accreditation in Pneumology; i medici che seguono i moduli eEcm
ricevono un credito per ogni modulo completato. "Nella pratica quotidiana
è difficile prendere decisioni non solo sull’opportunità di usare un
antibiotico, ma anche su quale usare - spiega Aurelio Sessa, medico di
famiglia, uno degli sviluppatori del programma - Con il corso eEcm del
Dott. Microbo, miriamo a fornire ai medici di base una guida chiara a
sostegno delle decisioni sul trattamento delle infezioni respiratorie.
Scelte adeguate in tal senso contribuiranno a garantire l’efficacia e la
sicurezza degli antibiotici”. Il programma - prosegue la nota - è
costituito da tre diversi moduli educativi: modulo 1 - panoramica generale
delle infezioni delle vie respiratorie acquisite in comunità negli adulti;
modulo 2: trattamento appropriato delle esacerbazioni acute della
bronchite cronica e della broncopneumopatia cronica ostruttiva; modulo 3:
trattamento appropriato della rinosinusite batterica acuta. Ciascun modulo
è costituito da una breve presentazione del medico virtuale, il Dott.
Microbo, oltre a una serie di casi studio clinici, un quiz a scelta
multipla di Educazione continua in medicina e un questionario di
riscontro. "Offrendo uno strumento educativo basato sull’utilizzo di una
piattaforma web - spiega Francesco Blasi, direttore della Scuola di
specializzazione in Malattie dell'apparato respiratorio dell'università di
Milano - speriamo di indurre un gran numero
di medici a seguire il Dott. Microbo e a partecipare al corso di
formazione, con l’obiettivo di ridurre al minimo l’uso inappropriato degli
antibiotici.
Bellezza: sempre piu' nonne
'rifatte', boom di richieste da over 70...
Roma
-
Sempre
più nonne dal medico estetico e dal chirurgo plastico, per cancellare le
rughe e ringiovanire lo sguardo, ma anche per rifare il seno o l'addome.
In 10 anni si sono moltiplicate le richieste di ritocchi da parte degli
over 70, anche per i maschi: superata questa soglia di età, la percentuale
di uomini e donne che richiedono il ritocchino è in enorme aumento. E' uno
dei fenomeni di cui si parlerà al XXXI Congresso nazionale della Società
italiana di medicina estetica (Sime), che è stato presentato questa
mattina a Roma.
"L'età
media dei nostri pazienti è senza dubbio aumentata - spiega Emanuele
Bartoletti, segretario generale della Sime - Mentre qualche anno fa i
pazienti del medico estetico avevano soprattutto tra i 30 e i 50 anni,
adesso è l'età media quella dei 50". Ma capita spesso di visitare pazienti
di 70-75 anni, e la richiesta è sempre la stessa: ringiovanire.
Anche
dal chirurgo aumenta molto l'età media dei pazienti. "Se 10-15 anni fa -
ricorda Nicolò Scuderi, docente di chirurgia plastica all'Università
Sapienza di Roma - erano rari i 70enni, oggi è molto frequente incontrarli
nei nostri studi. Possiamo parlare dell'8% di tutti i pazienti". E le
richieste sono le più varie, dalla semplice punturina di botulino o acido
ialuronico, fino al lifting e all'addominoplastica. E per le donne
"soprattutto, quelle che sono riuscite a conservare un'invidiabile fisico
nonostante l'età - aggiunge Scuderi - anche il seno nuovo". Il rischio
però, avvertono gli specialisti, è proprio quello di voler sembrare troppo
giovani. "Ringiovanire con la medicina estetica o con la chirurgia
plastica - conclude Bartoletti - può essere patetico. Dobbiamo riuscire a
far vivere bene la propria età ai nostri pazienti, senza esagerare. Ed è
un compito che coinvolge noi medici, ma anche la stampa".
Alimentazione: ecco la frutta al "laser"
Presto i produttori
agricoli potranno garantire una certificazione di qualità dei loro
prodotti e una precisa indicazione del loro grado di maturazione grazie a
una tecnologia studiata al fNIRS Lab (Functional Near InfraRed
Spectroscopy Lab) del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e
sviluppata nell’ambito del progetto europeo InsideFood in collaborazione
con laboratori di ricerca, centri sperimentali e aziende italiane ed
europee. La tecnologia, di cui si sta studiando l'applicabilità ai
macchinari che smistano la frutta per la grande distribuzione, porterà
vantaggi non solo ai produttori, che potranno in questo modo competere coi
nascenti mercati asiatici con un valore aggiunto - sostiene in una nota il
Polimi - ma a tutta la filiera: dal grossista, in grado di offrire una
migliore logistica nelle consegne scegliendo il momento migliore per la
distribuzione, al consumatore finale, che ne guadagnerà in gusto e salute.
Si tratta di una tecnica "non distruttiva" - precisano al Politecnico di
Milano - in quanto utilizza la luce. Il frutto in esame viene infatti
illuminato da brevi impulsi di luce laser che oltrepassano la buccia e
riemergono dopo avere attraversato la polpa. La valutazione delle
proprietà della luce che ha attraversato il frutto permette di ottenere
informazioni sul grado di maturazione alla raccolta e durante la
conservazione, nonché sulla qualità in generale del prodotto. L’esame del
fascio di luce in uscita viene fatto mediante la "spettroscopia di
riflettanza nel dominio del tempo", un’applicazione della fotonica che
studia le proprietà di propagazione della luce in mezzi altamente
diffusivi, quali per esempio i tessuti biologici. A causa delle
caratteristiche del frutto in termini di assorbimento e diffusione,
infatti, un impulso di luce di breve durata temporale (picosecondi), dopo
la propagazione all’interno della polpa viene modificato sia in intensità
sia in durata temporale.
Fonte: Politecnico
di Milano
La nuova pillola anti-obesità
Bologna - Pillola
anti-obesità di nuovo in pista, ma stavolta senza dare alla testa. Dopo la
delusione del Rimonabant, promessa mancata di elisir di magrezza che
riduceva sì il peso in eccesso (del 10% in media) ma col rischio di
incorrere in ansia e depressione, e per questo ritirato dal mercato nel
2008, una nuova ricerca internazionale a guida italiana riapre i giochi e
riaccende le speranze.
In
ballo, non solo i chili di troppo di oltre 4 milioni di connazionali obesi
(16 quelli sovrappeso), ma anche un folto corredo di seri problemi di
salute strettamente correlati all'obesità, quali diabete, pressione e
colesterolo alti e, a lungo andare, infarto e ictus. Nuovi farmaci
anti-grasso simili al Rimonabant, si è infatti scoperto, potrebbero
risultare pienamente efficaci anche senza agire sul cervello, ma solo sul
resto del corpo. O almeno così accade nei topi, come dimostra una ricerca
coordinata da Uberto Pagotto, endocrinologo dell'Università di Bologna, e
pubblicata sull'ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Cell
metabolism
«Il
risultato segna un punto di svolta - spiega Pagotto -. Senza azione sul
cervello, si elimina infatti il problema degli effetti collaterali sulla
psiche. Si tratta quindi di usare farmaci che non vi penetrino, come
quelli recentemente sviluppati e già testati con successo sugli animali.
Se si dimostrano validi anche sull'uomo il gioco è fatto. Dopo il ritiro,
un mese fa, anche dell'altro importante principio attivo in campo contro
l'obesità, la sibutramina, la novità risulta ancora più interessante».
Pagotto e colleghi - un network europeo di scienziati (una ventina
gli italiani, alcuni dei quali stabilmente all'estero) - hanno simulato
l'azione anti-grasso di farmaci simili al Rimonabant su una popolazione di
circa 180 topi. Li hanno divisi in quattro gruppi: uno ha continuato a
seguire una dieta magra, come gruppo di controllo, gli altri tre una dieta
super-calorica. Di questi, il gruppo che non ha virtualmente assunto alcun
farmaco ha aumentato del 30 per cento il grasso corporeo, mentre gli altri
due, sia quello che simulava l'assunzione di farmaci ad azione anche
cerebrale, che quello che simulava l'assunzione esclusivamente periferica,
hanno mantenuto il peso iniziale, senza scostarsi da quelli a dieta magra,
nonchè livelli più contenuti di colesterolo (-27%), glicemia (-28%) e
trigliceridi (-50%). Da qui la dimostrazione che l'efficacia delle
molecole anti-grasso non è solo legata all'azione encefalica, ma può
manifestarsi anche a livello periferico, interagendo con le terminazioni
nervose del tessuto adiposo, del fegato e dei muscoli. Si parla di
simulazione perchè gli scienziati, a dire il vero, non hanno fatto ricorso
a farmaci, ma a topini geneticamente modificati, appositamente generati
nei laboratori di Bordeaux da Giovanni Marsicano e di Magonza da Beat
Lutz, e studiati presso il Centro di ricerca biomedica applicata del
policlinico Sant'Orsola di Bologna, presso la cui Unità operativa di
endocrinologia sono attivi Pagotto e altri studiosi. «Alcuni di noi -
ricorda il ricercatore - si sono conosciuti anni fa lavorando al Max
Planck Institute di Monaco di Baviera, e ancora adesso collaboriamo a
distanza grazie a finanziamenti dell'Unione europea». Le molecole per
perdere peso come il Rimonabant, agiscono su dei recettori del sistema
nervoso, disattivandoli. L'intuizione alla base dello studio è stata
quella di utilizzare topini concepiti in partenza per non possedere tali
recettori. È così che si è visto che i roditori che non li avevano in
testa, rimanevano magri quanto quelli che ne erano privi sia in testa sia
nel resto del corpo, mentre quelli che li avevano ovunque ingrassavano
vistosamente. I ricercatori sono riusciti non solo a localizzare le zone
del corpo a cui agiscono i medicinali, ma anche a spiegarne il meccanismo
di azione. L'efficacia di Rimonabant e molecole cugine non sembra tanto
dovuta al contenimento dell'impulso a mangiare, come fino a qualche tempo
fa si credeva, quanto ad un maggior dispendio energetico a livello degli
organi periferici. L'azione è sul metabolismo energetico, e sul consumo di
calorie. In particolare, hanno osservato gli scienziati, i topini che
rimanevano magri nonostante la dieta iper-calorica, tendevano ad
accumulare meno grasso bianco (quello più persistente) e a bruciare più
grasso bruno (che offre energia immediata).Questo secondo tipo di grasso è
più abbondante negli animali, ma recenti studi ne hanno evidenziato
l'importanza anche negli uomini. La rilevazione è stata possibile grazie
all'impiego di avanzate e costose apparecchiature presso il policlinico di
Bologna tra cui una micro-Tac e una micro-Pet per piccoli animali che
hanno consentito di misurare il grasso e di rilevare la sua trasformazione
in energia.
A rivelare i forti
effetti preventivi nei confronti dell'ictus per la popolazione femminile
di una attivita' fisica semplice quale il camminare e' una vasta indagine
condotta su 39.000 donne.
Le volontarie,
tutte dai 45 anni in su', sono state seguite per 12 anni da ricercatori
della Harvard Public school nell'ambito del 'Women's health study'.Nel
periodo considerato sono occorsi 579 ictus. I ricercatori hanno tenuto
conto nella loro analisi di tutti i fattori che possono influenzare il
livello di pericolo di ictus nelle donne, da quelli preventivi quali l'uso
di aspirina a quelli aggravanti quali il fumo: ma per la prima volta uno
specifico tipo di esercizio, il camminare appunto, ha evidenziato benefici
'ad hoc'.
Secondo gli
esperti, il camminare e' una attivita' fisica moderata ed in quanto tale
più efficace per abbassare la pressione arteriosa.
Salute: Verona capitale della Psicologia dello
Sport
Verona
-
Verona capitale della psicologia dello sport. Si svolgerà infatti alla
Facoltà di scienze motorie dell'università scaligera un convegno nazionale
dal titolo 'Psicologia dello sport e scienze motorie: dalla mens sana in
corpore sano alla prestazione di eccellenza'. Si tratta di un evento che
vedrà la partecipazione dei più importanti accademici nel settore della
psicologia dello sport e che conferma il ruolo centrale di Verona in
questo particolare settore. Sono passati infatti quattro anni, ricorda una
nota, dalla nascita del Mind in sport team (Mist), centro
interuniversitario di ricerca e formazione nel settore della psicologia
dello sport. L'attività di ricerca del centro si rivolge a problemi di
interesse teorico generale e applicativo, con il fine del progresso delle
conoscenze relativamente ai processi mentali implicati nel vasto campo
delle attività sportive e motorie, dalla pratica agonistica al gesto
espressivo, nelle diverse fasi del ciclo di vita, con attenzione
all'interazione fra esercizio fisico, stile di vita e benessere, nonché
all'insieme dei processi e fenomeni psicologici, individuali e sociali,
che sottendono sia allo sport agonistico sia all'attività motoria in
generale. La psicologia dello sport avrà inoltre un ruolo che si
preannuncia crescente anche nella realtà accademica veronese, opportunità
costituitasi anche grazie al contesto della nuova laurea magistrale in
scienze dello sport e agli sviluppi delle attività di ricerca che saranno
resi possibili dalla nuova organizzazione dipartimentale, che finalmente
raggruppa i ricercatori in ambito psicologico interessati all'area motoria
e sportiva e delle scienze motorie nello stesso dipartimento.
Salute: Norvegia studio contraccettivo gratis dimezza
aborti
ROMA - Fornire la
pillola anticoncezionale gratis dimezza il tasso di aborti. Lo afferma uno
studio condotto in in due citta' della Norvegia dagli scienziati della
Sintef, il principale gruppo di ricerca norvegese. I ricercatori hanno
fornito per un anno contraccetivi gratis a 3500 donne tra i 20 e i 24
anni, che potevano scegliere tra diversi tipi di pillola e altri metodi
come la spirale. Il test e' stato condotto nelle citta' di Tromsoe e
Hamar, scelte dal ministero norvegese della Salute, e alle donne e' stato
sottoposto anche un questionario prima e dopo il periodo. La ricerca ha
dimostrato che il tasso di aborti nelle due citta' si e' dimezzato, e
secondo gli esperti questo e' dovuto piu' che a un aumento del numero
totale di ragazze che hanno fatto uso di un contraccettivo al fatto che ci
sono state molte meno interruzioni nell'utilizzo di tali
sistemi.
'L'offerta
della contraccezione gratuita non necessariamente porta a
piu'utilizzatrici, quanto a un uso piu'frequente - spiega Anita Oren, che
ha coordinato la ricerca - il progetto comunque ha dimostrato chiaramente
che gli anticoncezionali gratuiti sono un metodo efficace per ridurre il
numero di aborti''.
Un raggio brucerà i tumori, a Pavia il primo centro
italiano di adroterapia
Pavia
-
Un super-raggio anticancro per bruciare i tumori, che in futuro promette
di curare circa tremila pazienti all'anno,150 al giorno per un totale di
20mila sedute annue. Sono i numeri del primo Centro nazionale di
adroterapia oncologica (Cnao), inaugurato oggi a Pavia alla presenza, fra
gli altri, dei ministri della Salute Ferruccio Fazio, dell'Economia e
finanze Giulio Tremonti e delle Riforme Umberto Bossi.
Il Centro,
spiega Erminio Borloni, presidente della Fondazione Cnao istituita nel
2001 dal ministero della Salute per gestire la struttura, "tratterà in
maniera routinaria i primi pazienti a partire da fine 2011. A pieno
regime, previsto dal 2013, fornirà prestazioni di adroterapia a carattere
ambulatoriale, rimborsate dal Servizio sanitario nazionale, 5 giorni alla
settimana per 13 ore al giorno". Il tutto, sottolinea, dopo "una fase
sperimentale della durata complessiva di 18 mesi, che coinvolgerà 230
pazienti (80 trattati con protoni, 150 con ioni carbonio), di cui il primo
sarà arruolato verso la fine di quest'anno".
Dopo la prima
pietra, posata nel marzo 2005, ricorda Borloni, lo Cnao "è stato
realizzato in 4 anni e con una spesa contenuta: 125 milioni di euro",
contro i 200 circa prevedibili per una struttura del genere. Un centro che
nasce come quarto al mondo, dopo quelli di Chiba e Hyogo in Giappone e di
Heidelberg in Germania. L'adroterapia colpisce il tumore in modo
'intelligente', mirato e potenzialmente senza effetti collaterali, e può
essere utilizzato nella cura di diverse neoplasie, quando resistenti alle
tecniche tradizionali: sarcomi, tumori pediatrici e al polmone, tumori al
pancreas, oculari, alle ghiandole salivari, al cervello, al midollo
spinale e per alcune forme di cancro della testa e della zona
pelvica.
Per la nascita
del nuovo Cnao di Pavia hanno lavorato insieme pubblico e privato, Regione
e Governo, ospedali e università, sottolinea il presidente lombardo
Roberto Formigoni, che parla di "una sorta di 'dream team'" al servizio
del malato.
Ma come nasce
il nuovo super-raggio intelligente che 'brucia' i tumori? "I fasci
utilizzati sono prodotti dal sincrotrone, un acceleratore di particelle
con due sorgenti che generano ioni carbonio e protoni - spiega Sandro
Rossi, segretario generale e direttore tecnico della Fondazione Cnao -
Durante il trattamento un 'pacchetto' di particelle viene immagazzinato in
una ciambella d'acciaio svuotata d'aria, lunga 80 metri e con un diametro
di 25. Qui le particelle viaggiano inizialmente a circa un decimo della
velocità della luce. Il fascio viene quindi accelerato fino a compiere un
milione di giri (pari a circa 30 mila chilometri) in mezzo secondo, per
arrivare all'energia desiderata, scelta dal medico in base alla profondità
del tumore". Al momento opportuno "una 'porta' si apre e il fascio
colpisce il bersaglio con una precisione sub-millimetrica", fermandosi
laddove serve e "tagliando 'a fette' il tumore", riassume
l'esperto.
Il paziente
viene trattato in una delle tre sale attrezzate con 4 linee di fascio (una
quarta sala è invece destinata alla ricerca clinica e radiobiologica).
Possono bastare 2-3 minuti per irradiamento e in media una decina di
sedute di 25 minuti l'una, "ma questa terapia non sostituisce la
radioterapia convenzionale - tiene a precisare Roberto Orecchia, direttore
scientifico della Fondazione Cnao - E' un'arma in più a disposizione di
medici e pazienti".
Per Umberto
Veronesi si tratta di una terapia anticancro mirata al millimetro, con
zero effetti collaterali, che può rappresentare una svolta "per tutti quei
pazienti con forme tumorali difficili da raggiungere con le cure
tradizionali", spiega l'ex ministro della Sanità all'Adnkronos.
"Le particelle
pesanti strumento dell'adroterapia - sottolinea il direttore scientifico
dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano - hanno il grande
vantaggio che, proprio perché sono pesanti, non deviano ma seguono un
percorso collimato che va dritto sul bersaglio, anche piccolissimo, anche
di un millimetro appena".
Durante la
cerimonia di inaugurazione del Cnao, Ferruccio Fazio ha annunciato
l'intenzione di proporre a Tremonti ''di trasformare il Centro nazionale
di adroterapia oncologica di Pavia in Istituto nazionale di adroterapia
oncologica''. "Dovremo valutare in che modo" attuare questa
trasformazione, "ma - ha precisato - come Istituto nazionale questo centro
potrebbe dotarsi di un finanziamento autonomo e potrebbe fare un
grandissimo lavoro di indirizzo non solo per l'Italia, ma anche per gli
altri Paesi".
Salute: mal di schiena, tassisti e autisti i piu' a
rischio
Roma -
Guidare fa male alla
schiena. E se l'italiano medio passa al volante gran parte della giornata,
pensiamo ai tassisti, agli autisti di bus e agli autotrasportatori, che
per vivere sono costretti a guidare ore e ore senza interruzione. A
individuare queste come le categorie più a rischio di mal di schiena sono
gli esperti che questa mattina hanno presentato a Roma la campagna 'Mal di
schiena? No grazie!', sviluppata dall'Associazione per l'assistenza
sanitaria integrativa ai lavoratori delle aziende del Gruppo Telecom
Italia (Assilt), con la collaborazione dell'Università degli Studi
Milano-Bicocca. Tra i principali fattori di rischio per chi guida -
spiegano gli specialisti - ci sono la posizione scorretta e protratta nel
tempo della colonna vertebrale e le vibrazioni prodotte dall'abitacolo,
che si scaricano sul rachide cervicale provocando dolori sistematici.
Sarebbe buona norma posizionare un cuscino dietro la schiena per attutire
queste vibrazioni. Per assumere una posizione il più possibile corretta
alla guida, poi, bisognerebbe avere il sedile dritto e a un'altezza che
permetta di vedere bene la strada. Questo per evitare di sforzare il collo
e fare movimenti innaturali. Anche la distanza tra sedile e volante è
molto importante, per questo deve essere regolata in modo che le braccia
siano ben distese. Nonostante tutte queste accortezze, stare troppe ore
alla guida fa male. Quindi, consigliano gli esperti, bisogna fare pause
regolari di qualche minuto, praticare sport e sottoporsi periodicamente a
controlli medici".
Due proteine per riparare il cuore
La
cardiopatia ischemica è la principale causa di morte nei paesi
industrializzati. Nonostante i recenti progressi nel trattamento dello
scompenso cardiaco, le terapie farmacologiche risultano ancora inadeguate.
Due studi indipendenti, condotti da Antonio Baldini e Gabriella
Minchiotti, rispettivamente direttore e ricercatrice dell’Istituto di
genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati Traverso’ (Igb-Cnr) di Napoli,
aggiungono nuove conoscenze ai meccanismi della biologia delle cellule
staminali cardiache. Il primo lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista
Circulation Research (organo ufficiale dell’American Heart Association),
riguarda la proteina Cripto. “Una molecola”, spiega Gabriella Minchiotti,
“in grado di promuovere il differenziamento delle cellule staminali in
cardiomiociti, agendo come interruttore molecolare nelle primissime fasi
dello sviluppo embrionale dei mammiferi: se accesa determina il ‘destino
cardiaco’ delle cellule; se spenta o assente blocca la cardiogenesi,
promuovendo la formazione di neuroni”. Ulteriori studi su questa proteina
nelle cellule staminali embrionali del topo, “hanno portato
all’identificazione di due nuove molecole: un recettore di membrana ‘APJ’
ed il suo ‘ligando Apelina’, entrambi bersagli dell’azione di Cripto nel
processo molecolare che determina il destino cardiaco delle cellule
staminali,” prosegue la ricercatrice dell’Igb-Cnr. I risultati dimostrano
che “esiste una relazione funzionale fra Cripto e sistema APJ/Apelina e
che queste molecole svolgono una funzione fondamentale nel
differenziamento cardiaco delle cellule staminali”, continua la
ricercatrice. Il lavoro apre nuovi orizzonti sia nella comprensione dei
meccanismi molecolari della cardiogenesi sia nella ricerca sul cancro. Il
secondo studio, anch’esso pubblicato su Circulation Research, riguarda
invece la proteina Tbx1 ed è stato eseguito da Antonio Baldini, insieme al
suo team. “Il gene che codifica Tbx1”, afferma Baldini, “è coinvolto nella
sindrome di DiGeorge o Velocardiofacciale, una malattia genetica
relativamente frequente che comporta anche difetti cardiaci”. Studi
precedenti avevano evidenziato una mutazione di Tbx1 nelle cardiopatie
congenite, “ma solo oggi”, chiarisce il direttore dell’Igb - Cnr, “sono
certi i meccanismi regolatori. Esiste una popolazione di cellule
‘tri-potenti’ capaci di differenziare tre tipi cellulari diversi
essenziali per la formazione del tessuto cardiaco: cardiomiociti, cellule
endoteliali dei vasi e delle cavità cardiache, e cellule della muscolatura
liscia che circondano i vasi all’interno del cuore”. Fonte: Ufficio stampa
Cnr".
Salute: il
succo mirtillo migliora la memoria
degli anziani, bastano 2 tazze al giorno
Roma-
La
memoria dei nonni si rafforza anche a tavola. Due tazze di succo di
mirtillo al giorno possono migliorare la capacità di fissare i ricordi,
soprattutto negli anziani. Lo dimostra uno studio pubblicato su 'Journal
of Agricultural and Food Chemistry', condotto dall'università di
Cincinnati, in collaborazione con i ministeri dell'agricoltura
statunitense e canadese, su un gruppo di pensionati settantenni con
disturbi precoci di memoria.
Tra
gli anziani volontari, per oltre due mesi, la metà ha bevuto ogni mattina
il succo di mirtillo, particolarmente ricco di antiossidanti, l'altra metà
una bevanda al gusto di frutta ma senza mirtilli. Tutti sono stati
sottoposti a test per la memoria prima e dopo la 'dieta'. Ma se i
risultati dei primi test erano comparabili in quelli successivi, il gruppo
che aveva bevuto succo di mirtillo mostrava una migliore capacità di
memorizzazione.
Gli
autori della ricerca, coordinati da Robert Krikorian, sottolineano che
diversi studi di laboratorio avevano mostrato come negli animali che
invecchiano il consumo di mirtilli migliori la memoria. Ma, fino ad oggi,
non erano stati realizzati studi sugli effetti di questi frutti sugli
esseri umani.
Medicina: Chirurgia estetica: a nord 20%pazienti uomini,5%
Sud
ROMA - Ringiovanire
con la medicina? Una questione anche geografica, soprattutto quando si
parla di uomini. Dal nord al sud dell'Italia, infatti, cambiano le
richieste e cambiano anche i numeri: al nord c'e' una maggiore attenzione
al proprio aspetto fisico e gli uomini non si fanno molti problemi a
rivolgersi ad un medico professionista della bellezza. Al sud, invece,
davanti alla prospettiva di un ritocchino, qualche remora c'e' ancora.
Cosi', se nel Meridione solo cinque pazienti su 100 sono uomini, nelle
regioni settentrionali i pazienti maschi superano il 20%. ''Nella mia
esperienza, quando si parla di trattamenti estetici ho notato una netta
differenza di mentalita' tra il nord e il sud del Paese, soprattutto per
quanto riguarda gli uomini'', afferma il chirurgo plastico Alessandro
Gennai, membro dell'Eafps (European Academy of Facial Plastic Surgery).
Quello che emerge, secondo l'esperto, e' un diverso approccio: al nord la
chirurgia plastica e' piu' diffusa e accettata socialmente; al sud
sembrano permanere maggiori riserve. Tutto questo, nonostante in media i
costi degli interventi siano piu' bassi di circa il 30% al sud
rispetto
Salute: meno
rughe senza fumo, sole nocivo e cibo in eccesso
Fumo di
sigaretta, aumento di peso e obesità, mancanza di protezione con creme
solari efficaci sono fattori da evitare per avere una pelle più giovane,
con meno rughe. Dunque non è solo un fattore genetico che determina
l'invecchiamento della pelle, la nascita di rughe con il passare degli
anni: una corretta protezione della pelle del viso, l'abbandono di cattive
abitudini e una sana alimentazione danno una mano alla giovinezza
epidermica. Lo ha messo in luce uno studio americano, condotto da Kathryn
Martires e pubblicato sul numero di dicembre 2009 della rivista Archives
of dermatology. L'osservazione della pelle di coppie di gemelli, collegate
alle cattive abitudini e ai fattori ambientali ha sottolineato
l'importanza di una corretto stile di vita e della necessità di proteggere
il viso con creme solari adeguate sia d'inverno che d'estate. Per
combattere non solo le rughe ma anche i tumori della pelle.
Salute: con
dieta sana si allontana la depressione
SYDNEY - Le donne che seguono una dieta sana (frutta,
verdure e pochi grassi) rischiano meno ansia, depressione e disturbi di
cuore. Secondo una ricerca dell'Universita' di Melbourne, i problemi
mentali sono assai piu' frequenti nelle donne con una dieta ricca di cibi
grassi o altamente raffinati. Una cattiva dieta ha effetti negativi sul
sistema immunitario, e questo, attraverso un'infiammazione sistematica
dell'organismo, porta scompensi psichici.
Il
legame tra sonno e stress arriva dallo spazio
Se non si dorme
bene, si sa, aumenta il livello di stress e viceversa. Ma non è questa la
notizia che arriva dallo spazio. Gli studi compiuti su sei astronauti
impegnati nella simulazione del viaggio verso Marte previsto per l'anno
2020 hanno messo in luce la possibilità di misurare a livello individuale
l'ormone dello stress, il cortisolo, e il suo legame con l'onda madre del
sonno ad onde lente (Sleep Slow Oscillation). In pratica, attraverso
particolari misurazioni compiute sui sei astronauti, gli scienziati
italiani del Centro Extreme composto da Ifc-Cnr, Scuola Sant'Anna e
Università di Pisa, hanno scoperto che c'è uno stretto legame tra la
quantità di cortisolo che ognuno di noi ha e la buona qualità del sonno
ristoratore che l'ormone in questione è in grado di disturbare
notevolmente. È questo un primo passo per conoscere potenzialmente quanto
ognuno di noi possa essere soggetto allo stress nella vita.
Studio: nessun
rapporto tra tumore al cervello e cellulare
Uno studio durato
30 anni realizzato sulla popolazione adulta dei Paesi scandinavi non ha
mostrato legami tra l'uso dei telefoni cellulari e l'insorgere di tumori
al cervello. Lo hanno reso noto oggi gli autori della ricerca. Anche se
l'uso dei cellulari è aumentato rapidamente negli anni 90 e
successivamente -- hanno scritto i ricercatori sul Journal of the National
Cancer Institute -- i tumori al cervello non sono diventati più comuni
durante tale periodo. Alcuni attivisti e un numero ristretto di
ricercatori hanno sollevato timori su un possibile legame tra l'uso dei
telefonini e numerosi tipi di cancro, tra cui quelli al cervello, sebbene
anni di ricerche non siano riusciti a individuare connessioni."Non abbiamo
individuato nessun chiaro cambiamento nelle tendenze a lungo termine
nell'incidenza dei tumori al cervello tra il 1998 e il 2003 in nessun
sottogruppo", hanno scritto Isabelle Deltour e i suoi colleghi della
Società di oncologia danese. Il team ha analizzato i tassi di incidenza
annuale di due tipi di tumore al cervello - glioma e meningioma -- tra le
persone nella fascia d'età compresa tra 20 e 79 anni in Danimarca,
Finlandia, Norvegia e Svezia tra il 1974 e il 2003. Tutti i paesi
dispongono di buone registrazioni di dati relative ai tumori. In 30 anni,
a quasi 60mila pazienti è stato diagnosticato un tumore al cervello."In
Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia l'uso dei telefoni cellulari è
aumentato fortemente a metà degli anni 90; perciò, i trend nell'incidenza
tumorale dopo il 1998 possono fornire informazioni sul possibile rischio
di tumore associato all'uso dei cellulari", dicono i ricercatori. Che
hanno segnalato un piccolo costante incremento dei tumori al cervello, che
però è iniziato nel 1974, prima cioè che esistessero i telefoni
cellulari.
…
perché l'asma bronchiale è legata a stili di vita
Più è alta la qualità della
vita e più si è soggetti a reazioni allergiche e asma. I figli dei
laureati sono più a rischio di sviluppare asma bronchiale rispetto ai
coetanei che provengono da famiglie con un minor grado di istruzione. Il
risultato "paradossale" è emerso al Congresso Nazionale della Società di
Medicina Interna in cui la giornata del 25 ottobre 2009 è stata dedicata
all'Asma Bronchiale, "una patologia cronica considerata malattia sociale e
problema globale". Il legame che esiste tra maggior benessere socio
economico e predisposizione a sviluppare questa patologia è legato alla
qualità di vita più alta che determina una maggiore protezione dalle
malattie infettive. "Il sistema immunitario" spiega in una nota il
Professor Sergio Bonini, Ordinario di medicina interna alla II Università
di Napoli "ha due meccanismi di difesa che noi chiamiamo TH1 che difende
dalle infezioni e TH2 che coordina la risposta allergica. In pratica la
nostra minor necessità di difenderci da batteri ed infezioni ha portato il
sistema immunitario ad uno squilibrio tra TH1 e TH2 con il risultato di
concentrarsi spesso su sostanze innocue dando forti reazioni allergiche e
asma. In questo campo pensiamo che il futuro della medicina sia quello di
creare farmaci che possano riequilibrare il nostro sistema
immunitario."
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